Il filosofo di campagna, Venezia, Savioli, 1770

 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza?
1020Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia?
 LESBINA
 Povero innamorato!
1025Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava;
 lo compatisci?
 LESBINA
                             Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto;
 e se alcuni compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
1030Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi.
 LESBINA
                 Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                 Ma chi?
 LESBINA
                                                  Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 E t’intendo, furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
1035ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor penseremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei,
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
1040Via pensiamoci adesso.
 Quando il nodaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
1045e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia, in momento
 farem due matrimoni e un istrumento.