Il filosofo di campagna, Barcellona, Generas, 1770

 SCENA XVI
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza!
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
945ch’Eugenia è data via,
 egli viene a bravarmi in casa mia.
 LESBINA
 Povero innamorato,
 lo compatisco.
 TRITEMIO
                             Brava,
 lo compatisci?
 LESBINA
                             Anch’io
950d’amor provo il desio,
 desio però modesto,
 e se altrui compatisco egli è per questo.
 TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da quest’occhi
 lo potete arguire.
 TRITEMIO
955Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 TRITEMIO
                                  Ma chi? (Amoroso)
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando di vergognarsi)
 TRITEMIO
 Eh t’intendo furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
 che Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
960ed allor pensaremo anco per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo istesso.
 TRITEMIO
 Via, pensiamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
965ch’ho mandato a chiamar per la figliola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
970farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)