Il filosofo di campagna, Vienna, Ghelen, 1768

 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
945Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna.
 D’esser vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
950Quel ch’io dico lo so per cosa vera.
 Ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
955amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire.
 Ma voglio essere vostra o pur morire.
 NARDO
960(Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uomo come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso,
965serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostengo e dico,
970ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente;
 sposar una servente
 che cosa importa a me s’è bella e buona?
 Peggio è assai se cattiva è una padrona.
 
975   Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà,
980secondo è la beltà,
 il terzo è la creanza,
 il quarto è l’abbondanza,
 il quinto è la virtù
 ma non si usa più.
 
985   Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me. (Parte)