Il filosofo di campagna, Livorno, Coltellini, 1768

 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cuor certo son io.
635La vedo che ritorna
 col genitore allato.
 Della gioia vicino è il dì beato.
 DON TRITEMIO
 Eccola qui. Vedete
 se son io galantuomo.
 RINALDO
                                          Ah non tardate
640entrambi a consolare...
 DON TRITEMIO
                                            E pur pavento...
 RINALDO
 Ogni timore è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 DON TRITEMIO
 La mano? In verità
 s’ha da far... s’ha da far... se si potrà...
645Dammi la destra tua.
 EUGENIA
                                          Eccola.
 DON TRITEMIO
                                                         A voi.
 Prendetela... bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo
 Nardo con quell’anello la sposò
650e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
 Come?
 DON TRITEMIO
                 Non è così?
 EUGENIA
                                        Sposa non sono.
 DON TRITEMIO
 Ma se l’anello in dono
 prendesti già delle tue nozze in segno,
 non si può, figlia mia, scioglier l’impegno,
655voi che dite, signor.
 RINALDO
                                       Dico che tutti,
 perfidi, m’ingannate,
 che di me vi burlate e che son io
 bersaglio del destin barbaro e rio.
 DON TRITEMIO
 La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso).
660Udite. Ah svelar deggio
 l’arcano onde ingannato...