Il filosofo di campagna, Brunswick, [1765] (La serva accorta)

 SCENA VI
 
 LA LENA ed il sudetto
 
 LA LENA
 Eccolo qui; la vanga
 è tutto il suo diletto. (Da sé)
 Se foste un poveretto, (A Nardo)
 compatir vi vorrei; ma siete ricco,
165avete dei poderi e dei contanti;
 la fatica lasciate ai lavoranti.
 NARDO
 Cara nipote mia,
 piuttosto che parlar come una sciocca,
 fareste meglio maneggiar la rocca.
 LA LENA
170Colla rocca, col fuso e coi famigli
 stanca son d’annoiarmi;
 voi dovreste pensare a maritarmi.
 NARDO
 Sì, volontieri. Presto
 comparisca un marito. Eccolo qui. (Accena un villano)
175Vuoi sposar mia nipote? Signorsì.
 Eccolo, io ve lo do.
 Lo volete? Vi piace? (Alla Lena)
 LA LENA
                                        Signor no.
 NARDO
 Va’ a veder se passasse
 a caso per la strada
180qualche affamato con parucca e spada. (Al villano, il quale parte ridendo)
 Vedi? Ride Mingone, ti corbella.
 Povera vanarella,
 tu sposeresti un conte od un marchese,
 perché in meno d’un mese,
185strappazzata la dote e la fanciulla,
 la nobilità ti riducesse al nulla.
 LA LENA
 Il signor don Tritemio
 è cittadino, e pure
 così non usa.
 NARDO
                           È vero,
190ma in villa se ne sta,
 perché nella città vede il pericolo
 d’esser vizioso o diventar ridicolo.
 LA LENA
 Della figliuola sua
 v’han proposte le nozze, io ben lo so.
 NARDO
195Ed io la sposerò,
 perché la dote e il padre suo mi piace,
 con patto che non sia
 gonfia di vento e piena d’albagia.
 LA LENA
 Ammogliatevi presto signor zio
200ma voglio poscia maritarmi anch’io.
 
    Di questa poverella
 abbiate carità.
 Io son un’orfanella
 che madre più non ha.
205Voi siete il babbo mio.
 Vedete caro zio
 ch’io cresco nell’età.
 
    La vostra nipotina
 vorebbe poverina...
210Sapete... M’intendete...
 Movetevi a pietà.