Amor fa l’uomo cieco, Genova, Franchelli, 1742

Vignetta Frontespizio
 Città.
 
 LIVIETTA in abito da cittadino e MENGONE servidore, poi CARDONE malvestito
 
 Livietta
 
    Vi sto ben? Vi comparisco? (Al servitore)
 Eh? Che ti par?
 
    Benché nata contadina,
 non sto ben da cittadina?
5Non è ver?
 Oh lo credo; non giurar.
 
 Poco vi vuole a far che incivilisca
 donna nata fra boschi. Il sesso nostro
 ha un certo natural costume antico
10che della vanità fu sempre amico.
 Io non son già la prima
 che a spese d’un merlotto
 cambiasse condizion. Tante e poi tante,
 ch’erano feminuccie da dozzina,
15s’hanno ingrandito coll’altrui rovina.
 Tutto il suo consumò per mia cagione
 il semplice Cardone; anzi non solo
 dissipò i beni sui
 ma s’ingegnò di consumar gli altrui.
20Ora che egli è mendico,
 processato dal foro, e ch’è ridotto
 all’ultima malora,
 sarei ben pazza a coltivarlo ancora.
 Eccolo; oh come è brutto!
25E pur mi parve bello;
 or che non ha danar, non è più quello.
 Vuo’ ritirarmi; seguimi, Mengone,
 non dubitar, non vi sarà divario;
 se non Cardone, io ti darò il salario. (Si ritira)
 Cardone
 
30   Per pietà, chi mai m’insegna
 qualche asilo, qualche albergo,
 buona gente...
 (Parlo al vento, alcun non sente);
 fate un po’ la carità.
 
35Eccomi alfin ridotto
 mendico, abbandonato,
 sol per una ragazza,
 graziosa sì ma troppo vana e pazza.
 Chi mi conoscerebbe? Oh voglia il cielo
40ch’io non sia conosciuto!
 Ho fatto un tal intacco
 che, se mi scopre la giustizia, io sono
 per lo meno appiccato. Almen crepasse
 quell’avido mio zio che inutilmente
45un tesoro conserva! Ah ch’io fra tanto
 perdo il tempo qui invano e i sbirri, oh dio!
 van me forse cercando. E dove mai,
 dove addrizzarmi posso,
 misero me! se non ho un soldo adosso?
 Livietta
50Olà, paggio, vien qui, prendi, codesta
 è una dobbla di Spagna;
 vanne dal pasticcier; di’ che mi mande
 due preziose vivande,
 poiché questa mattina
55viene a pranzo con me la contessina.
 Cardone
 (Povere dobble mie!)
 Livietta
                                          Fermati; e questi
 due zecchini ti do, perché tu compri
 di Borgogna e Toccai qualche bottiglia
 e il resto cioccolata con vainiglia.
 Cardone
60(Ed io muoio di fame). Olà, Mingone,
 ferma; non mi conosci? Io son Cardone.
 Livietta
 Stelle, che vedo mai? Così pezzente,
 così sporco Cardone? Agli occhi miei
 quello tu non rassembri e quel non sei.
 Cardone
65Ah, purtroppo son quello. Ah tu, Livietta,
 deh non mi abbandonar! Vedi in qual stato
 son ridotto per te?
 Livietta
                                     Per me? Tu menti.
 Che facesti per me?
 Cardone
                                       Non tel rammenti?
 Chi dal bosco ti trasse?
70Chi ti fe’ cittadina?
 Chi gli abiti, le gioie e chi il danaro,
 ch’ora spendi, ti diè? Stelle! Che sento!
 Non lo rammenti più?
 Livietta
                                            Non mel rammento.
 Cardone
 Ah barbara, ah crudele!
75Io ti trassi dal nulla e tu nel nulla
 mi riducesti; oh memorando eccesso!
 Oh barbara natura! Oh ingrato sesso!
 Livietta
 Ma chi fu la cagione
 del precipizio tuo, se non tu stesso?
80Di me ti lagni adesso?
 Fu la tua vanità, la tua superbia
 che per mostrarti allora
 grande più che non eri e dovizioso
 ti faceva far meco il generoso.
85Io chiesi e non rubbai,
 donasti ed io pigliai;
 se volesti così, non far schiamazzo,
 io savia fui e tu facesti il pazzo.
 Cardone
 Hai ragione, egli è vero, il pazzo io fui;
90imparate, imparate,
 amanti delle donne adoratori,
 questi son alla fine i nostri onori.
 Crudel, dunque sintanto
 che suonava il contante,
95Cardone era tuo amante;
 senza danari adesso,
 il povero Cardon non è lo stesso.
 Pazienza!
 Livietta
                     È ver, l’indovinasti. Io voglio
 un marito che possa
100mantenermi un braccier e sei staffieri,
 due donne, otto cavalli e due cocchieri.
 Vo’ pizzetti, vuo’ stoffe e vuo’ ricami,
 vo’ gioie alla gran moda
 e il paggio che mi regga ancor la coda.
 Cardone
105Lodo la tua intenzion ma non la credo
 facile da eseguir.
 Livietta
                                  Forse eseguita
 la vedrai questo mese.
 Cardone
                                            Ha già il partito
 sì tosto preparato?
 Livietta
 Sì signor l’ho trovato.
 Cardone
110Col braccier, coi staffieri?
 Livietta
 E i cavalli e i cocchieri.
 Cardone
 Mi consolo, signora.
 E la gondola?
 Livietta
                            E la gondola ancora.
 
    Sì la gondola ci sarà
115e la voglio anche a due remi,
 ed ancor la signoria,
 senza questa a voglia mia,
 non mi voglio maritar.
 
    Ha capito? Così va;
120s’ella ben non l’ha capita,
 or la torno a replicar.
 
 Cardone
 (Ecco purtroppo il feminil costume,
 l’ambizion delle donne è il solo nume).
 Non mi vuoi?
 Livietta
                            Non ti voglio.
 Cardone
                                                       Eh via...
 Livietta
                                                                         Sei sordo!
 Cardone
125Dunque che far dovrò?
 Livietta
                                             Fa’ ciò che vuoi;
 io penso a’ fatti miei, tu pensa a’ tuoi.
 Cardone
 Mingon parla per me. (A Mingone)
 Livietta
                                            Taci, non voglio
 moltiplicarmi il tedio (A Mingone)
 colle tue voci ancor.
 Cardone
                                      Dunque ti lascio,
130dunque parto, crudel.
 Livietta
                                          Va’ pur.
 Cardone
                                                           Ma dimmi,
 che t’ho fatto, ben mio? Cara Livietta,
 bella più di Cleopatra,
 io ti fui più fedel di Marcantonio
 ma dillo tu, faccia di testimonio. (A Mingone)
 
135   Gioia mia, devo partire
 così afflitto e sconsolato?
 Disgraziato, che t’ho fatto?
 Niente affatto. Dillo tu... (A Mingone)
 come fu... Parla per me.
 
140   Sei tu sola il mio tesoro,
 per te languo, per te moro,
 senza te non posso stare.
 Dillo tu, (A Mingone) non è così?
 Signorsì, che così è.
 
 Livietta
145Ma questo pianto tuo quasi mi move
 i dolori di corpo.
 Cardone
                                 Orsù t’intendo.
 Morto mi vuoi veder? Morrò, già vado,
 vado della giustizia
 da me stesso in le man; io le mie colpe
150pubblicarò; dirò che per Livietta
 tutto il mio consumai,
 indi quello degli altri ancor rubbai.
 Mi caccieran prigione,
 mi manderanno a morte;
155e allor della mia sorte
 tu contenta sarai.
 Oh non ti avessi conosciuta mai!
 
    Deh placati, o cara,
 non mi far più penar.
 
 Livietta
 
160   Non v’è più riparo,
 va’ via non mi parlar.
 
 Cardone
 
    Deh mira, deh ascolta.
 
 Livietta
 
 Son cieca, son sorda.
 
 Cardone
 
 Io vado a morire.
 
 Livietta
 
165Salute a chi resta.
 
 Cardone
 
 Che fiero martire.
 
 Livietta
 
 M’hai rotta la testa.
 
 Cardone
 
 Ma voglio la morte,
 mio bene, da te.
 
 Livietta
 
170   È festa di corte,
 udienza non c’è.
 
 Fine dell’intermezzo primo