Il filosofo di campagna, Praga, Jaurnich, 1765 (Karlsbad)

 SCENA X
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 Oh genero garbato!
 Alla sposa ha mandato (Mostra un gioiello)
 questo ricco gioiello.
750Prendilo, Eugenia mia; guarda s’è bello.
 EUGENIA
 Non lo curo, signore...
 DON TRITEMIO
                                          Ed io comando
 che tu prender lo debba; il ricusarlo
 sarrebbe una insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prenderò per obbedienza. (Prende il gioiello)
755Ma... vi chiedo perdono,
 non mi piace, nol voglio, a te lo dono. (Lo dà a Lesbina)
 LESBINA
 Grazie. (Lo prende)
 DON TRITEMIO
                  Rendilo a me. (A Lesbina)
 LESBINA
                                              Signor padrone,
 sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola
760è meco generosa,
 lo fa perché di voi mi brama sposa). (Piano a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 (Lo crederò). (A Lesbina)
 LESBINA
                            Signora,
 non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie
765confessatelo pur, vostro pensiero
 non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 DON TRITEMIO
 E tu che dici? (A Lesbina)
 LESBINA
                             Io dico
 che se il destino amico
 seconderà il disegno,
770le gioie accetto e accetterò l’impegno.
 DON TRITEMIO
 Ah mia cara Lesbina
 la tua grazia, il tuo brio e la bellezza,
 il bel bocchin di rosa e il bel nasino
 risveglian nel mio petto
775tenerezza, piacere e un dolce affetto.
 LESBINA
 No padroncin garbato.
 Bella invero non sono.
 Ma un certo non so che
 si vede in questo cuore
780che a tutti in seno accende un dolce ardore.
 
    Non son bella, non son vezzosa
 ma sospirano tutti per me,
 
    perché sono fedele e amorosa
 mi vorebbe ciascuno per sé.
 
785   Per la strada dalla gente
 mi si sente a dire così:
 
    «Caro quel vezzo,
 caro quel brio,
 cara culia che fa inamorar».
 
790   Io mi vergogno,
 vengo rossetta;
 e poi mi dicono:
 «Oh benedetta!
 Caro quel babbio che fa giubilar». (Parte)