Il filosofo di campagna, Praga, Jaurnich, 1765 (Karlsbad)

 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
535Corro, ti cerco e chiamo;
 mi fugi e non rispondi?
 Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 EUGENIA
 Perdonate, signor...
 LESBINA
                                      La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 DON TRITEMIO
                                           Oh bella affé,
540si vergogna di me, poi collo sposo
 il suo cuore non è più vergognoso.
 LESBINA
 Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
 simili meraviglie.
 Soglion tutte le figlie,
545ch’ardono in sen d’amore,
 la modestia affettar col genitore.
 DON TRITEMIO
 Basta; veniamo al fatto. È ver che avesti
 dallo sposo l’anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Parlo teco. Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                         Eccolo qui. (Mostra l’annello a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
550Capperi! È bello assai.
 Non mi credevo mai
 che Nardo avvesse di tai gioie in dito.
 Vedi se t’ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mi fosse!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
                                                        Oh via,
555codesta ritrosia scaccia dal petto;
 queste smorfie oramai mi fan dispetto.
 LESBINA
 Amabile sposina,
 mostrate la bocchina un po’ ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente). (Da sé)
 DON TRITEMIO
560È picchiato, mi par.
 LESBINA
                                       Vedrò chi sia.
 (Ehi, badate non far qualche pazzia). (Piano a Eugenia e parte)