Il filosofo di campagna, Valletta, Capaci, 1763 (Il filosofo in villa)

 SCENA VI
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
695Signor padron, voi siete domandato.
 EUGENIA
 (Ci mancava costei).
 DON TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole?
 LESBINA
 Un famiglio di Nardo.
 RINALDO
 Sente signor?
 DON TRITEMIO
                            Del genero un famiglio
 favellarmi desia.
700Anche vossignoria,
 se altra cosa non ha da comandare,
 per cortesia se ne potrebbe andare.
 RINALDO
 Sì sì me n’anderò ma giuro a’ numi,
 vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    (Destin crudele!
705Rinaldo, questo cuor...)
 RINALDO
                                             Taci, infedele.
 
    Perfida figlia ingrata, (Ad Eugenia)
 padre spietato indegno, (A Tritemio)
 non so frenar lo sdegno.
 L’alma si scuote, ingrata,
710empio, crudele, audace,
 pace per me non v’è.
 
    E tu che alimentasti (A Lesbina)
 finora il fuoco mio
 colla speranza, oh dio!
715così tu m’ingannasti?
 L’offeso core aspetta
 vendetta anche da te.
 
 LESBINA
 Obligata da ver del complimento.
 DON TRITEMIO
 (Ho un tantin di paura).
 EUGENIA
                                               (Ah che tormento!)
 DON TRITEMIO
720Orsù, signora pazza,
 ho capito il rossor che cosa sia.
 Quel che voglia colui vado a sentire,
 poi la discorrerem; s’ha da finire.
 LESBINA
 Sì signor, dite bene.
 DON TRITEMIO
                                        E tu, fraschetta,
725ch’alimentasti dell’amante il foco,
 vado e ritorno; parlerem fra poco. (Via)
 EUGENIA
 Prenditi quest’anello.
 LESBINA
 Eh no, signora mia.
 EUGENIA
 Prendilo, giuro al ciel, lo getto via.
 LESBINA
730Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo mio ben mi crede infida.
 Quest’anello omicida
 dinnanzi agl’occhi miei soffrir non vuo’.
 LESBINA
 Se volete così, lo prenderò.
735Eccolo nel mio dito;
 che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
 Ah! Tu sei la cagion delle mie pene.