Il filosofo di campagna, Vienna, Ghelen, 1763

 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
1170Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LENA
                          Per ora
1175altro non v’è che io
 ed un uomo da bene qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
1180Sia malizia o innocenza ell’è assai franca.
 EUGENIA
 D’una grazia vorrei se non sdegnate.
 LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LENA
1185Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io
 pastorella gentil il di lei sposo.
 LENA
 Da vero? Compatite
 ho ancor qualche sospetto;
1190perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una buggia lasciar non voglio.
 LENA
 Me n’avvidi che v’era qualche imbroglio.
 EUGENIA
1195Deh per pietà vi prego...
 LENA
 Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella.
 EUGENIA
 Amabil pastorella
 voi non sapete al core
1200quanto altero comandi il dio d’amore.
 LA LENA
 Mi fa pietà. Sentite.
 V’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
1205si facci e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì ve lo prometto,
 andiam nel vostro tetto se vi aggrada.
 LENA
 Precedetemi voi, quest’è la strada.
 EUGENIA
 Andiam Rinaldo amato.
1210L’innocente desio seconda il fato. (Entra in casa di Nardo)