Il filosofo di campagna, Vienna, Ghelen, 1763

 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna.
915D’esser vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
920(Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
925Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma voglio esser vostra o pur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
930a un uomo come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
935perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostengo e dico
 e do la mia raggione
 che sia la condizione un accidente;
940sposar una servente
 che cosa importa a me s’è bella o bona;
 peggio è assai se cattiva è una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
945Di donne il miglior mobile
 la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà,
 secondo è la beltà,
 il terzo è la creanza,
950il quarto è l’abbondanza,
 il quinto è la virtù
 ma non si usa più;
 
    servetta graziosa
 sarai la mia sposa
955sarai la vezzosa
 padrona di me.