Statira, Venezia, Rossetti, 1742

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA XIII
 
 STATIRA, ASPASIA
 
 ASPASIA
 Statira, per pietà deh mi consiglia,
 deh conforta il mio duolo.
 STATIRA
                                                 Ho di bisogno
 di conforto e consiglio,
845Aspasia, più di te. Vanne e mi lascia
 sola co’ miei pensieri.
 ASPASIA
                                           In tanti affanni
 è prodigio s’io vivo, astri tiranni. (Parte)
 STATIRA
 Ariarate morrà? Mio cor, tu il senti
 e mi palpiti in sen con tanta pena?
850D’Artaserse egli è figlio;
 mora. Ma questa voce
 a dispetto del cor m’esce dal labro.
 Vendetta, ombra di Ciro
 d’un colpevole amor. Già tu mi detti
855un illustre pensiero
 degno del tuo dispetto e degno ancora
 di quello stesso amor che tu detesti.
 Quest’amor ch’è mia colpa
 sia mio castigo e l’alma fiera ed empia
860colla mia morte il mio supplizio adempia.
 
    Veggo l’ombra di Ciro tradito
 che m’ingombra d’orrore e spavento,
 alma cara, ti scorgo, ti sento,
 mi vuoi teco? M’attendi, verrò.
 
865   Tu, diletta mia fiamma novella,
 questo accetta tributo d’amore;
 se non lice donarti il mio core
 per te dunque fedele morrò.
 
 Fine dell’atto secondo