Il filosofo di campagna, Vienna, Ghelen, 1763

 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
 Corro, ti cerco e chiamo;
 mi fuggi e non rispondi?
540Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 EUGENIA
 Perdonate, signor...
 LESBINA
                                      La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 DON TRITEMIO
                                           O bella affé,
 si vergogna di me, poi collo sposo
 il suo cuore non è più vergognoso.
 LESBINA
545Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
 cotali meraviglie.
 Soglion tutte le figlie,
 ch’ardono in sen d’amore,
 la modestia affettar col genitore.
 DON TRITEMIO
550Basta; veniamo al fatto. È ver che avesti (Ad Eugenia)
 dallo sposo l’anello?
 LESBINA
                                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Parlo teco. Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                         Eccolo qui. (Mostra l’anello a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 Capperi! È bello assai.
 Non mi credevo mai
555che Nardo avesse di tai gioie in dito.
 Vedi se t’ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mi fosse!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
                                                        Oh via.
 Codesta ritrosia scaccia dal petto;
 queste smorfie oramai mi fan dispetto.
 LESBINA
560Amabile sposina,
 mostrate la bocchina un po’ ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 È picchiato, mi par.
 LESBINA
                                       Vedrò chi sia.
 (Ehi, badate non far qualche pazzia). (Piano a Eugenia e parte)