Statira, Venezia, Rossetti, 1742

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA VI
 
 DARIO ed ARIARATE
 
 DARIO
 Anima vile, il frutto
 mira di tua virtù; ma che virtude?
 Nieghi d’unirti meco
 all’impresa fatal, per esequirla
600colla sola tua destra. Il sagrificio
 ti richiese Statira e tu il giurasti.
 Tutto so, tutto intesi; me pur vorresti
 vittima d’una donna all’empio sdegno.
 ARIARATE
 Non conosci il mio cor...
 DARIO
                                              T’accheta, indegno. (Parte)
 ARIARATE
605Ma sin a quando, o numi,
 l’onte d’un labro irato
 tolerar io dovrò? La mia innocenza
 quando al mondo fia nota? Ah sì, cotesta
 nube infedel, che il bel candor ne oscura,
610svanirà, perirà; lo spero; i dei
 questi disastri miei toleran forse,
 perché di cruda sorte
 apprenda i danni a tolerar più forte.
 
    Sol fra scogli e fra tempeste
615merto acquista un buon nocchiero,
 fra cimenti eroe guerriero
 va la gloria a rintracciar.
 
    Anche l’oro tra le fiamme
 divien puro e più s’affina;
620ed al premio s’avvicina
 chi fatica a meritar.