Statira, Venezia, Rossetti, 1742

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA XIV
 
 ARTASERSE, DARIO, ARIARATE
 
 ARTASERSE
 Fellon, il tuo delitto
 nell’odio feminil non si nasconde,
 io ti lascio una vita
 che adempia il tuo castigo.
415Sia carnefice tua la mia clemenza.
 ARIARATE
 Padre, dell’innocenza
 il candor non macchiai. Io giuro ai numi,
 lo giuro a te, mio re. Di Dario in faccia
 che più dirti poss’io? Padre clemente,
420abbi pietà di me; son innocente. (Si canta)
 
    Padre, se reo foss’io,
 vorrei morirti a’ piedi.
 Ah del mio cor non vedi
 tutta la fedeltà.
 
425   Lascia che il labro mio
 padre ti chiami ancora;
 un figlio che ti adora
 lagnarsi ancor non sa.