Il filosofo di campagna, Londra, 1762, ms.

 SCENA VII
 
 NARDO, poi LENA e LESBINA che escono di casa
 
 NARDO
 Io crepo dalle risa. Oh bell’equivoco!
 Il buon padre non sa che la figliuola
 [illeggibile]
 sposa è già di Rinaldo;
 ma creda quel che vuol, non mi confondo.
1040Una gabbia di matti è questo mondo.
 LESBINA
 Caro sposino mio, vi riverisco.
 LENA
 Ed io di star così m’infastidisco.
 NARDO
 Cosa da me volete?
 LESBINA
 Rinaldo con Eugenia, già saprete,
1045ritorna alla città
 e vorrebbe condurre ancor noi là.
 NARDO
 Oibò; non voglio correre il pericolo
 d’esser vizioso o diventar ridicolo.
 LENA
 Io per me ci anderò;
1050e a un cittadino mi mariterò.
 NARDO
 Oh, matta! I cittadini
 hanno pochi quattrini e molte voglie
 e non usano molto amar la moglie.
 LESBINA
 Andiam, diletto sposo, ve ne prego.
 NARDO
1055Io vi rispondo un bel solenne nego.
 LESBINA
 Ma riflettete un poco, o mio Nardino,
 amoroso, bellino.
 Non vi par bella cosa
 veder la vostra sposa
1060in cerchio o in negligé,
 in sacco o in andriè,
 il viso imbellettato e un gran touppè;
 e con caricatura,
 affettando una nobile figura,
1065fare un inchino qua
 e un’occhiatina e un baciamano là?
 Dirò di più. Forse stimate un niente
 quel dire francamente:
 «La mia Lesbina bella
1070innamora ciascun quando favella?»
 Infin, meco ridendo, mi direte:
 «Di tua beltà son fatti schiavi, è vero,
 ma io sol del tuo cuor tengo l’impero».
 LENA
 Adunque, caro zio, che male c’è
1075se alla città passiamo tutti tre?
 NARDO
 E ben; l’accordo. Già corre la moda
 che il galantuom lasci godere e goda.
 LESBINA
 Grazie; sarò fedele come l’oro;
 torto non vi farò per un tesoro;
1080e intanto vederete i ganimedi
 spasimare d’amor tutti a’ miei piedi.
 
    Se io ritorno cittadina,
 con due nei sopra il mostaccio
 e con due che mi dian braccio,
1085un da destra e un da mancina,
 anderò per la città;
 
    e con sguardi vezzosetti,
 con sospiri sdegnosetti,
 farò tutti innamorare,
1090senza aver di lor pietà. (Parte con Nardo)