Statira, Venezia, Rossetti, 1742

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA XI
 
 ASPASIA, poi DARIO
 
 ASPASIA
 Fermati... Oh dei! Né pur dirgli ho potuto
 ch’io lusingo Artaserse,
 perché di Dario egli mi tolga al nodo.
 DARIO
 Hai vinto, Aspasia, hai vinto. Il padre ingiusto
285per toglierti alla speme
 del tradito amor mio, ministra a Febo
 già ti destina.
 ASPASIA
                            Oh dei! Che sento?
 DARIO
                                                                 Invano
 ei pretende però ch’io d’amar lasci
 te, bell’idolo mio.
 ASPASIA
                                   Cangia favella
290con chi grado cangiò. D’umani affetti
 non si tenti il mio cor. Di già mi sento
 d’una incognita fiamma
 tutto accendermi il seno. Olà profano,
 più non ardir di rimirarm’in volto.
 DARIO
295Deh cangia anche il costume...
 ASPASIA
 Son ministra del nume, io non ti ascolto.
 
    D’amor più non parlarmi,
 ramenta chi son io.
 Gli affetti del cor mio
300co’ tuoi non profanar.
 
    Non lice a te d’amarmi
 ministra al dio di Delo.
 I fulmini del cielo
 apprendi a paventar.