Il filosofo di campagna, Londra, 1762, ms.

 SCENA V
 
 Salotto in casa di don Tritemio con varie porte.
 
 EUGENIA e RINALDO, dopo LESBINA
 
 EUGENIA
 Deh, se m’amate, o caro,
 ite lontan da queste soglie. Oh dio!
 Temo che ci sorprenda il padre mio.
 Ohimè, che vie
 RINALDO
230Il vostro genitore...
 EUGENIA
                                     Ohimè! Chi viene?
 RINALDO
 Non temete, è Lesbina.
 EUGENIA
                                             Io vivo in pene.
 LESBINA
 V’è chi cerca di voi, signora mia.
 EUGENIA
 Il genitore?
 LESBINA
                         Oibò.
 RINALDO
 Dunque chi è che la dimanda?
 LESBINA
                                                          Bravo!
235Voi pur siete curioso?
 Chi la cerca, signor, è il di lei sposo.
 EUGENIA
 Misera, che farò?
 RINALDO
                                   Coraggio avrete
 Coraggio avrete di tradir chi v’adora?
 EUGENIA
                                                                      È ver, son figlia
 ma sono amante ancor. Chi mi consiglia?
 LESBINA
240Ambi pietà mi fate;
 a me condur lasciate la faccenda.
 Ritiratevi presto.
 EUGENIA
                                  Vado.
 RINALDO
                                               Anch’io.
 LESBINA
 Con grazia, padron mio,
 ritiratevi, sì, questo mi preme;
245ma non andate a ritirarvi insieme.
 Voi di qua, voi di là; così va bene.
 EUGENIA
 Soffrite, idolo mio.
 RINALDO
                                     Soffrir conviene. (Eugenia si ritira da una parte e Rinaldo dopo l’aria dall’altra)
 
    Al passaggier talora
 cinto di notte oscura
250basta una stella ancora
 per animare il cor.