Il filosofo di campagna, Barcellona, 1761

 SCENA XIV
 
 LENA e detti
 
 LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna;
930d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera.
 Ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
935(Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
940Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma voglio essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
945ad un uom come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me, nel vostro sesso,
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
950perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
955Sposar una servente
 che cosa importa a me s’è bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile,
 che cosa importa a me?
960Di donna il miglior mobile
 la nobiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
965il quarto è l’abbondanza;
 il quinto è la virtù
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa,
 sarai la mia sposa,
970sarai la vezzosa
 padrona di me.