Statira, Venezia, Rossetti, 1742

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 ARGOMENTO
 
    Dario, re di Persia, morendo lasciò erede del regno Artaserse suo primogenito, natogli prima di giungere al trono, a cui fu portato dall’altrui sagacità e non dalla ragione del sangue. Ciro secondogenito, natogli doppo la sua elevazione alla corona, a cui aveva lasciata in retaggio la Mesopotamia, si rivoltò contro Artaserse, da lui detto figlio di Dario privato, non di Dario re; e doppo vari casi fu da Artaserse ucciso in battaglia. Questo re vincintore, amando eccedentemente Dario il maggiore de’ suoi tre figlioli legitimi, lo assunse per compagno del regno, postogli sovra le tempie il diadema. Questo giovane principe invaghito d’Aspasia sposa del padre, che noi fingiamo per ragionevoli cause solamente destinatagli sposa, affidato nello strabocchevole affetto, ch’egli portavagli, richiese Artaserse che gli rinunziasse la moglie. Era così irragionevole in questo re l’amore paterno che promise al figlio questa rinunzia; ma poi tratto dalla sua gelosia pensò di mancar alla sua promessa con un specioso pretesto e consacrò Aspasia sacerdotessa del Sole. Concepì tanto sdegno Dario, per questo mancamento di sua parola, che pensò ucciderlo e l’avrebb’essequito, se Oco, altro suo fratello che nel drama si dirà Ariarate per meglio accomodarsi alla musica, non avesse scoperto il tradimento ed oppresso il traditore nell’atto dell’orribile esecuzione del parricidio. Quindi Artaserse inalzò Oco al trono; e perché l’amore violentissimo e cieco, che portava Dario, non poteva soffrire il dolor della sua morte, poco di poi morì di cordoglio. Tanto si ha dalla storia. Il di più è il verisimile ritrovato dall’arte per la condotta più dilettevole della favola intitolata Statira.
    La musica è del signor Nicola Porpora, maestro delle figlie del coro del pio Ospitale della Pietà.