Il filosofo di campagna, Venezia, Valvasense, 1761 (La serva astuta o sia Il filosofo in campagna)

 SCENA IV
 
 NARDO con chitarrino e due villani con vanghe in mano
 
 NARDO
 
    Amor, se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò,
 io m’accompagnerò
 con pace e sanità.
125Ma la mia libertà
 perciò non perderò.
 Penare? Signor no.
 Soffrir? Gridare? Oibò.
 
    Voglio cantare,
130voglio sonare,
 voglio godere
 più che si può.
 
 Vanga mia benedetta,
 mio diletto conforto e mio sostegno,
135tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
 l’avolo ed il bisavolo e il trisavolo
 e fur sudditi lor la zucca e il cavolo.
 Nelle città famose,
140ogni generazion si cambia stato.
 Se il padre ha accumulato
 con fatica, con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo figlio.
 Qui dove non ci tiene
145il lusso, l’ambizion, la gola oppressi,
 sono gli uomini ognor sempre gl’istessi.
 Non cambierei, lo giuro,
 col piacer delle feste e de’ teatri
 zappa, trebbie, rastei, vanghe ed aratri.
 
150   Al lavoro, alla campagna,
 poi si gode, poi si magna
 con diletto e libertà.
 
    Oh che pane delicato,
 se da noi fu coltivato.
155Presto, presto a lavorare,
 a godere, a seminare
 e dappoi si mangerà,
 del bon vin si beverà
 ed allegri si starà.