Il filosofo di campagna, Venezia, Valvasense, 1761 (La serva astuta o sia Il filosofo in campagna)

 SCENA II
 
 DON TRITEMIO, indi CAPOCCHIA
 
 DON TRITEMIO
 Allegoricamente
 m’ha detto che con lei non farò niente.
75E pure io mi lusingo
 che a forza di finezze
 tutto supererò,
 che col tempo con lei tutto farò;
 per or d’Eugenia mia
80liberarmi mi preme, un buon partito
 Nardo per lei sarà, ricco riccone,
 è un villano, egli è ver, ma sapientone.
 CAPOCCHIA
 Signore don Tritemio
 al vostro eccelso merito
85m’inchino con ossequio.
 DON TRITEMIO
 La riverisco assai.
 CAPOCCHIA
                                    Sono obbligato.
 Non so se mi conosce.
 DON TRITEMIO
                                          Certo sì;
 siete il notar Capocchia.
 CAPOCCHIA
                                              Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Che dir mai mi volete?
 CAPOCCHIA
                                             Ella ha una figlia.
 DON TRITEMIO
90È vero. E che per questo?
 CAPOCCHIA
                                                 Io le dirò
 che un cavalier ben ricco,
 che ha robba in quantità
 e che Rinaldo appellasi,
 forse prender vorrà la figlia sua.
95Onde signor...
 DON TRITEMIO
                             Onde signor mio caro,
 per venir alle corte, io gli dirò...
 CAPOCCHIA
 Che accordate la figlia?
 DON TRITEMIO
                                             Signor no.
 CAPOCCHIA
 Perché?
 DON TRITEMIO
                  (Che seccatore!)
 CAPOCCHIA
 Ma la ragione almeno...
 DON TRITEMIO
100Gliela dirò, vuo’ soddisfarlo appieno.
 
    La mia ragione è questa,
 mi par ragione onesta,
 la figlia mi chiedeste
 e la ragion vorreste,
105la mia ragion sta qui.
 Non posso dir di sì
 perché vuo’ dir di no;
 
    se non vi basta ancora,
 un’altra ne dirò.
110Rispondo: «Signor no
 perché la vuo’ così»
 e son padron di dirlo;
 la mia ragion sta qui.