Il filosofo di campagna, Olmütz, Hirnle, 1761 (Il filosofo in campagna)

 SCENA V
 
 RINALDO e detti
 
 RINALDO
 Signor mio, signor mio, che cosa fate?
 Lontano discaciate
 colei che d’inganarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 NARDO
595Ha forse altrui
 data la fé di sposa? (Da sé)
 RINALDO
                                       Eh signor no,
 quel che io dico lo so per cosa vera.
 Ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 Ah maledetto. (Da sé)
 NARDO
                             È ver quel che lui dice? (A Lesbina)
 LESBINA
600Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita;
 finsi il grado, egl’è ver, perché v’adoro,
 per voi languisco e moro;
605confesso il mio fallire
 ma voglio esser vostra o pur morire.
 NARDO
 Poverina.
 RINALDO
                     Vi pare
 che convenga sposare
 a un uom come voi femina tale?
 NARDO
610Non ci vedo alcun male,
 per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutto è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
615Se mi amate di cuor v’adoro anch’io.
 Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposare una servente
620che cosa importa a me, s’è bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
625la civiltà non è.
 
    Il primo è l’onestà.
 Secondo la beltà!
 Il terzo è la creanza,
 il quarto l’abondanza,
630il quinto è la virtù
 ma non si usa più. (Parte il Rinaldo)
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezosa
635padrona di me. (Parte)