Il filosofo di campagna, Olmütz, Hirnle, 1761 (Il filosofo in campagna)

 SCENA II
 
 RINALDO e detti
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio
 di sua man, del suo cor certo son io
475ma veggolo che ritorna
 colla serva a lato;
 della gioia vicino è il dì beato.
 LESBINA
 Signor padrone voi siete domandato. (A don Tritemio)
 RINALDO
 Ci mancava costei. (Da sé)
 DON TRITEMIO
                                      Chi è che mi vole? (A Lesbina)
 LESBINA
480Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
 Sente signor? Del genero un famiglio
 favellarmi desia
 onde vossignoria
 s’altra cosa non ha da comandare
485per cortesia se ne potrebbe andare.
 RINALDO
 Sì sì me n’anderò; ma giuro ai numi
 vendicarmi saprò.
 LESBINA
                                    Destin crudele. (Da sé)
 Rinaldo, è tuo quel cuor.
 RINALDO
                                               Taci infedele.
 
    Voi che le mie vicende,
490voi che i miei torti udite,
 fuggite, sì fuggite,
 qui legge non s’intende,
 qui fedeltà non v’è.
 
    E puoi tiranno e puoi
495senza rossor mirarmi?
 Qual fede avrà per voi
 chi non la serba a me?