Il filosofo di campagna, Verona, Ramanzini, 1760

 SCENA XIV
 
 LENA e detti
 
 LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
915Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh signor no.
920Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta).
 NARDO
                                È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
925amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma vogl’essere vostra oppur morire.
 NARDO
930(Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uomo come voi femmina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
935serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostegno e dico,
940ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
945   Se non è nata nobile
 che cosa importa a me!
 Di donna il miglior mobile
 la nobiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
950secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza,
 il quarto è la costanza.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
955sarai la vezzosa
 padrona di me. (Parte)