Il filosofo di campagna, Reggio, Davolio, 1760

 SCENA VI
 
 LENA ed il suddetto
 
 LENA
 Eccolo qui; la vanga
225è tutto il suo diletto. (Da sé)
 Se foste un poveretto (A Nardo)
 compatir vi vorrei; ma siete ricco,
 avete dei poderi e dei contanti;
 la fatica lasciate ai lavoranti.
 NARDO
230Cara nipote mia,
 piuttosto che parlar come una sciocca,
 fareste meglio maneggiar la rocca.
 LENA
 Colla rocca, col fuso e coi famigli
 stanca son d’anoiarmi;
235voi dovreste pensare a maritarmi.
 NARDO
 Sì, volentieri. Presto
 comparisca un marito. Eccolo qui. (Accenna un villano)
 Vuoi sposar mia nipote? Signorsì.
 Eccolo, io ve lo do.
240Lo volete? Vi piace? (A Lena)
 LENA
                                        Signor no.
 NARDO
 Va’ a veder se passasse
 a caso per la strada
 qualche affamato con parucca e spada. (Al villano, il quale parte ridendo)
 Vedi? Ride Mingone e ti corbella.
245Povera vanarella,
 tu sposeresti un conte od un marchese,
 perché in meno di un mese,
 strappazzata la dote e la fanciulla,
 la nobiltà ti riducesse al nulla.
 LENA
250Io non voglio un signor né un contadino.
 Mi basta un cittadino
 che stia bene...
 NARDO
                              Di che?
 LENA
                                               Ch’abbia un’entrata,
 qual a mediocre stato si conviene,
 che sia discreto e che mi voglia bene.
 NARDO
255Lena, pretendi assai.
 Se lo brami così, nol troverai.
 Per lo più i cittadini
 hanno pochi quattrini e troppe voglie
 e non usano molto amar la moglie.
260Per pratica comune
 nelle cittadi usata,
 è maggiore l’uscita dell’entrata.
 LENA
 Il signor don Tritemio
 è cittadino, e pure
265così non usa.
 NARDO
                           È vero;
 ma in villa se ne sta,
 perché nella città vede il pericolo
 d’esser vizioso o diventar ridicolo.
 LENA
 Della figliuola sua
270v’han proposto le nozze, io ben lo so.
 NARDO
 Ed io la sposerò,
 perché la dote e il padre suo mi piace,
 con patto che non sia
 gonfia di vento e piena d’albagia.
 LENA
275L’avete ancor veduta?
 NARDO
 Ieri solo è venuta;
 oggi la vedrò.
 LENA
                            Dunque chi sa
 s’ella vi piacerà.
 NARDO
                                Basta non abbia
 visibili magagne;
280sono le donne poi tutte compagne.
 LENA
 Ammogliatevi presto, signor zio,
 mi voglio poscia maritare anch’io.
 
    Di questa poverella
 abbiate carità.
285Io son un’orfanella
 che madre più non ha.
 Voi siete il babo mio;
 vedete, caro zio,
 ch’io cresco nell’età.
 
290   La vostra nipotina
 vorrebbe poverina...
 Sapete... M’intendete...
 Movetevi a pietà. (Parte)