Il filosofo di campagna, Reggio, Davolio, 1760

 SCENA V
 
 NARDO esce di casa con una vanga accompagnato da alcuni villani
 
 NARDO
 
    Al lavoro, alla campagna,
 poi si gode, poi si magna
 con diletto e libertà.
 
200   Oh che pane dilicato,
 se da noi fu coltivato!
 Presto, presto a lavorare,
 a podare, a seminare,
 e dappoi si mangerà,
205del buon vin si beverà
 ed allegri si starà. (Partono i contadini, restandone uno impiegato)
 
 Vanga mia benedetta,
 mio diletto conforto e mio sostegno,
 tu sei lo scettro e questi campi il regno.
210Quivi regnò mio padre,
 l’avolo ed il bisavolo e il tritavolo
 e fur sudditi lor la zucca e il cavolo.
 Nelle città famose
 ogni generazion si cambia stato.
215Se il padre ha accumulato
 con fatica e con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo il figlio.
 Qui, dove non ci tiene
 il lusso, l’ambizion, la gola oppressi,
220sono gli uomini ognor sempre gl’istessi.
 Non cambierei, lo giuro,
 col piacer delle feste e dei teatri
 zappe, trebbie, rastrei, vanghe ed aratri.