Il filosofo di campagna, Vienna, Ghelen, [1759]

 SCENA VII
 
 LENA e detti
 
 LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
520d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh, signor no,
 quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
525(Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice?
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro,
530per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma voglio essere vostra o pur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
535a un uomo come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutto è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
540perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io,
 per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
545Sposare una servante
 che cosa importa a me, s’è bella e buona.
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
550Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è;
 il primo è l’onestà,
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
555il quarto è l’abondanza;
 il quinto è la virtù;
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
560sarai la vezzosa
 padrona di me. (Parte)