Il filosofo di campagna, Barcellona, Campins, [1758]

 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
 Corro, ti cerco e chiamo;
520mi fugi e non respondi?
 Quando vengo da te, parché ti ascondi?
 EUGENIA
 Perdonate, signor...
 LESBINA
                                      La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 TRITEMIO
                                           Oh bella affé,
 si vergogna di me, poi collo sposo
525il suo cuore non è più vergognoso.
 LESBINA
 Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
 cotali meraviglie.
 Soglion tutte le figlie,
 ch’ardono in sen d’amore,
530la modestia affettar col genitore.
 TRITEMIO
 Basta; veniamo al fatto. È ver che avesti
 dallo sposo l’anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Signorsì.
 TRITEMIO
 Parlo teco. Respondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                          Eccolo qui. (Mostra l’annello a don Tritemio)
 TRITEMIO
 Capperi! È bello assai.
535Non mi credevo mai
 che Nardo avesse di tai gioie in ditto.
 Vedi se t’ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mi fosse!) (Da sé)
 TRITEMIO
                                                        Oh via,
 codesta ritrosia scaccia dal petto;
540queste smorfie oramai mi fan dispetto.
 LESBINA
 Amabile sposina,
 mostrate la bocchina un po’ ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente). (Da sé)
 TRITEMIO
 È picchiato, mi par.
 LESBINA
                                       Vedrò chi sia.
545(Ehi, badate non far qualche pazzia). (Piano a Eugenia e parte)