Statira, Venezia, Pitteri, 1756

 SCENA VII
 
 ARTABANO e le suddette
 
 Artabano
 Fuggi, fuggi, regina, in ogni parte
 circondata già sei; Learco ha vinto.
 Statira
925Stelle! Arbace dov’è?
 Artabano
                                         Arbace è estinto.
 Statira
 Crudelissimo fato!
 Rosane
                                     O tu deliri,
 Artabano, o m’inganni. Arbace io vidi
 vincere, trionfar, stendere al suolo
 di Learco i seguaci.
 Artabano
                                      È ver, ma il prence,
930da altro stuolo novel cinto ed oppresso,
 del suo sangue macchiar lo vidi io stesso.
 Rosane
 Soffri, Statira, in pace.
 Si è cangiato il destin.
 Statira
                                           T’accheta, audace.
 Artabano
 Dall’irritato sdegno
935salvati o perirai.
 Statira
                                 Lasciami, indegno.
 Artabano
 A me parli così?
 Rosane
                                 M’insulti ancora?
 Statira
 Se perito è il mio ben, su via si mora.
 Deh per pietade almeno,
 deh passatemi il seno. Ah chi di voi
940muove la mano ardita
 una misera donna a trar di vita?
 Artabano, Rosane,
 la morte per pietà. Ma chiedo invano
 questo de’ mali miei dolce conforto.
945Viver io deggio ed il mio bene è morto.
 Furie, voi dell’abisso
 in mio soccorso invoco.
 Ah del tartareo foco
 l’interno ardor ch’io sento
950fa maggior d’ogni pena il mio tormento.
 
    Vieni Arbace in mio conforto,
 viemmi, o caro, a consolar.
 
    Non vi è speme, Arbace è morto.
 Veggo il sangue, il cor traffitto.
955Punirò... Ma che ragiono!
 Infelice, ah dove sono?
 Son costretta a delirar. (Parte)