Il filosofo di campagna, Firenze, Paperini, 1758 (Pistoia)

 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
925d’esser vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
930(Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
935Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma voglio esser vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
940ad un uom come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
945perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
950Sposar una servente
 che cosa importa a me, se bella e buona;
 peggio è assai se cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me;
955di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
960il quarto è l’abbondanza;
 il quinto è la virtù
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
965sarai la vezzosa
 padrona di me.