Statira, Venezia, Pitteri, 1756

 SCENA III
 
 Sala regia con trono ed ara accesa innanzi al simulacro del sole.
 
 STATIRA, ROSANE, ARBACE, ARTABANO, grandi del regno e guardie
 
 Statira
 Ecco il punto fatale
 che di me, che di voi, Rosane, Arbace,
 dee far lo stato e assicurar la pace.
475Scenda ne’ nostri cuori
 da benefico ciel pietoso lume
 e lo chiedano i voti al sacro nume.
 tutti
 
    Biondo dio che bello il mondo
 fai tu sol colla tua luce,
480tu sia scorta, tu sia duce
 d’ogni mente e d’ogni cor.
 
 Statira, Arbace a due
 
    Chiaro nume, in me discendi.
 L’alma mia tu sol difendi
 da funesto ingrato amor.
 
 tutti
 
485   Scenda un raggio di quel fuoco
 che feconda l’erbe, i fiori
 e consoli i nostri cuori
 della pace il donator.
 
 Statira, Arbace, Rosane a tre
 
    A te il cuor non si nasconda
490e dal cielo a noi risponda,
 chiaro nume, il tuo favor.
 
 tutti
 
    Biondo dio che bello il mondo
 fai tu sol colla tua luce,
 tu sia scorta, tu sia duce
495d’ogni mente e d’ogni cor.
 
 Statira
 Rosane, i preghi nostri
 sieno accetti alle sfere e non si tardi
 a pubblicar con franco labbro il voto;
 se d’un amore ignoto
500arde nel tuo bel sen l’occulta face,
 parla, non arrossir, lo soffre Arbace.
 Arbace
 Sì, principessa, il soffre,
 non si sdegna il mio cor. Venero, ammiro
 la tua bellezza, il tuo vezzoso orgoglio
505ma per me sventurata io non ti voglio.
 Artabano
 Prendi da’ bei consigli
 prendi coraggio, principessa, e onora
 del tuo tenero amor chi più ti adora.
 Rosane
 Prima di me, Statira
510scelga lo sposo suo. Se a una regina
 preferita Rosane essere ardisse
 temerebbe a ragion taccia d’audace.
 Statira
 Lo sposo io scieglierò.
 Rosane
                                          Ma non Arbace.
 Statira
 Non pronunciò il mio labbro
515quel nome ancor. Chi potrà dir ch’io l’ami?
 Chi ardirà di pensar che Arbace io brami?
 Arbace
 Né di ciò mi lusinga
 l’orgoglioso pensier.
 Artabano
                                       Ma non è indegno
 d’una destra regal l’eroe d’un regno.
 Rosane
520Artabano, t’intendo; invan s’affanna
 chi alle mie nozze con tal mezzo aspira.
 Spera invano Statira
 col pretesto ingannevole, mendace
 mascherar di virtù d’amor la face.
 Statira
525Male interpreti, ardita,
 gli arcani del mio cor.
 Arbace
                                          Cessate, o numi!
 Deh cessate per me dall’ire ingiuste.
 Comprendo il mio destin. No, non temete
 che per me si fomenti,
530principessa, regina, il vostro sdegno;
 pietà non merto e son d’amore indegno.
 
    Non vi sdegnate, o belle,
 se non provate amor.
 Chiare vezzose stelle,
535non tormentate un cor.
 
    Pace vi chiedo in dono.
 Belle, pietà, perdono
 a un’anima dolente,
 a un innocente error.