Statira, Venezia, Pitteri, 1756

 SCENA IX
 
 ROSANE ed ARBACE
 
 Rosane
 Spera Statira invano
 ch’io rinunzi all’onor della tua mano.
 Arbace
 Dimmi, Rosane; il seno
360hai piagato per me?
 Rosane
                                        Chieder potrebbe
 ciò un amante che offrisse
 a scelta sposa volontario il cuore.
 Tua mi fe’ l’altrui legge e non l’amore.
 Arbace
 Ma se da cotal legge,
365forse dura al tuo sen, sottrar s’impegna
 noi la voce regal che vive e regna,
 se non è amor quel che ci unisce e lega,
 perché il nodo discior da te si nega?
 Rosane
 Perché d’alme vulgari
370solo è pronubo amor, perché nel cuore
 serba del genitore
 il decreto sovrano il mio rispetto.
 Tu che vanti nel petto
 quella fiamma d’onor che aman gli eroi
375la data fé dissimular non puoi.
 
    Allor che giungano
 gli ardenti strali
 all’alme tenere,
 al cuor fatali,
380amor fa gemere,
 fa sospirar.
 
    Ma se un cuor nobile
 d’onor s’accende,
 di gloria ai stimoli
385qualor s’arrende,
 l’ardor dell’anima
 sa moderar. (Parte)