Statira, Venezia, Pitteri, 1756

 SCENA V
 
 STATIRA sola
 
 Statira
 Egli a me si abbandona;
 egli di me si fida e mi offre il modo
 di procurar de’ nostri cuori il nodo.
 Che risolvo? Che fo? Se la mia fiamma
155arditamente io scopro,
 di conforto e pietà chi mi assicura?
 E se tacer procura
 la cocente mia fiamma il mio rispetto
 da chi pietà, da chi conforto aspetto?
160Eh coraggio, Statira; alfin qual colpa
 esser puote l’amare? Ah che il delitto
 in amar non consiste. Evvi uno scoglio
 maggior nel desir mio, che il giusto offende,
 che rapire lo sposo altrui pretende.
165Pietosissimi dei,
 che sarà? Che farò? Deh voi prestate
 nel più fatal periglio
 a una misera donna un pio consiglio.
 
    Scintillar fra le procelle,
170fide stelle, vegga un raggio
 che la speme, che il coraggio
 non mi tolga in alto mar.
 
    Mi lusingo di conforto
 ma dal porto in mezzo all’onde
175m’allontana e mi confonde
 il timor di naufragar. (Parte)