Oronte re de’ Sciti, Venezia, Rossetti, 1740

Vignetta Frontespizio
 SCENA VII
 
 ORONTE, ARTALICE e soldati
 
 Oronte
 Ritiratevi. (Alle guardie) Parla. (Ad Artalice)
 Che dir mi vuoi?
 Artalice
                                  Signore,
260lo prevedo, lo so; di donna al labro
 fede non presterai. Temerai forse
 ch’io ti voglia ingannar. Non mi assicuro
 perciò a dirti il mio cuor. Ah s’io potessi
 non sospetti sperar gli accenti miei,
265tutta l’anima mia ti svelarei.
 Oronte
 Meno proteste e più chiarezza.
 Artalice
                                                          Oh dio!
 Mi fai tremar. Come pretendi, Oronte,
 ch’io ti parli d’amor, se minaccioso
 mi guardi e fremi? Ah cangia...
 Oronte
270Vuoi parlarmi d’amor?
 Artalice
                                             Sì, qual tu credi,
 non t’odio già.
 Oronte
                             Sai che odiarmi è vano;
 ma non mi ami però.
 Artalice
                                          Deh mi concedi
 libera ragionar. D’Oronte il volto
 piace al mio cor, non il costume. Ah sire,
275se di quello che sei
 men feroce tu fossi, io ti amerei.
 Oronte
 Ferocità tu chiami
 la fortezza, il valor?
 Artalice
                                      Ma pur vorrei
 questo ancora donar a chi fra Sciti
280e nacque e regna. Io ti dirò, signore,
 di che più temo. Non amor ti accese
 del desio di mie nozze. Il so, la Misia,
 ch’è mia dote, è il tuo voto; e la speranza
 di conquistar, mancando i figli, un regno
285moltiplica le fiamme...
 Oronte
                                            Ah non è vero;
 sappi che amor...
 Artalice
                                  Che mai sperar potrei
 da cotesto imeneo? Tutte pospongo
 le varie del destin promesse tante
 a uno sposo che m’ami e sia costante.
 Oronte
290E in Oronte l’avrai. Odi, Artalice;
 del genitore il cenno
 ti fece mia; mia ti può far la forza;
 ma no, scaccia il timore;
 voglio che mia solo ti faccia amore.
 Artalice
295Felice me! Se assicurarmi io posso
 dell’affetto d’Oronte, ogn’altro foco,
 credimi, abborrirò.
 Oronte
                                      Te ne assicuro.
 Ecco, impegno la destra.
 Artalice
                                               Ma la destra
 pegno è sol d’imeneo, non già d’affetto.
300Tempo e costume esigge
 l’alma i dubi a discior. Non lusingarti
 che or mi abbandoni alla tua fé.
 Oronte
                                                            Lo devi.
 Il temerne è un oltraggio; e non lo soffre
 un re, un amante. A non mostrarti ingrata
305il tuo dover t’insegni.
 Artalice
 Mi spaventi, signor, quando ti sdegni.
 Oronte
 Veggo il tuo cuor. So che m’inganni; e speri
 che io sofra e non mi accenda? E se minaccio
 son crudel, son tiranno?
 Artalice
310Il mio cuor non conosci. Io non t’inganno.
 Oronte
 Dammi dunque la destra.
 Artalice
                                                  Attendi almeno
 che d’Alcamene il sì vicino arrivo
 questo nodo preceda.
 Oronte
                                          Invan lo speri.
 Un istante, un accento,
315fraposto al mio voler, pone in periglio
 l’onor tuo, l’amor mio.
 Artalice
                                           (Numi, consiglio). (Da sé)
 Oronte
 Di’, che risolvi?
 Artalice
                                Alfine
 Oronte è il mio signor; l’amo; lo temo,
 facciasi il suo voler; stringasi il nodo
320fra il suo cuore e il mio cor; ma non sperarmi,
 sinché il terror mi opprime,
 lieta qual mi vorresti e qual potrebbe
 far contento il tuo amor. Ah nel mio petto
 lo spavento confonde ogn’altro affetto.
325Mira, signor, le sacre fiamme a terra.
 Mira il nume sdegnato. Ah pria si plachi,
 poi guidami all’altar. Questa sol chiede
 Artalice da te grazia o mercede.
 Oronte
 (Superstiziosa donna). (Da sé)
 Artalice
                                             Ah se tu m’ami,
330tutto de’ suoi timori,
 tutto sgombra il mio sen. Come il tuo affetto,
 che si fe’ del mio petto un dolce nido,
 potria sofrir la compagnia molesta
 del terror, della tema. Ah me di pianto
335bagnar le piume e funestar vedresti;
 sforzati amplessi e tetri sguardi avresti.
 Che rio piacer! Che sventurato nodo
 saria questo per te! Se la mia pace
 procurar non ti cale, o tu non m’ami
340o il mio affetto non curi o invan lo brami.
 Oronte
 Ti spaventano i marmi? In man di Giove
 fulmini chi sognò? Ma compatisco
 l’uso del tuo timor. Da quell’altare
 toglier farò la minacciosa imago.
 Artalice
345(Nol permettano i dei).
 Oronte
                                             Vanne, Artalice,
 un novello desio m’accende il petto.
 Prepara i sagrifizi,
 ordina i riti e serba il pio costume.
 Chi è tuo sposo e tuo re sarà tuo nume.
 Artalice
350(Fra l’orror del periglio
 giovimi il tempo a maturar consiglio). (Da sé)
 E pur ti veggo in fronte
 fra il terror dello sdegno
 un raggio di pietà. La tua fierezza
355colpa è del suol natio. Sì, mi lusingo
 di vederti cangiar l’aspro costume,
 placar gl’impeti rei,
 amar la pace e venerare i dei.
 
    Come pretendi, oh dio!
360ch’arda per te d’amore?
 Il misero cor mio
 tremando amar non sa.
 
    Deh cangia il tuo costume,
 deh placa il tuo rigore
365e allor suo ben, suo nume
 quest’alma ti dirà.