Oronte re de’ Sciti, Venezia, Rossetti, 1740

Vignetta Frontespizio
 ARGOMENTO
 
    La prodigiosa simiglianza d’Alcamene ed Artalice, figli di Decebalo re di Dacia, gemelli nati ad un parto, fu singolare a segno di far equivocare i medesimi genitori. Nel sembiante non solo ma nelle virtù, nelle inclinazioni e nel valore, nulla erano diferenti. Artalice era un oggetto desiderato da tutti i prencipi che potevano alle sue nozze aspirare. Fra questi Oronte re de’ Sciti, prima del suo inalzamento al trono, s’insinuò nell’amicizia di Decebalo e svelata la sua passione, chiese Artalice in isposa. Il re di Dacia gliel’averebbe volontieri accordata, per farsi amico un formidabile vicino, ma l’aversion d’Artalice, secondata dal genio del fratello Alcamene, costrinse il padre a negarla. Oronte se ne sdegnò; dissimulò l’ira sua e meditò la vendetta. Morì frattanto suo padre ed egli ascese al trono di Scitia; pensò tosto a vendicarsi contro Decebalo e colta la congiontura felice che Alcamene trovavasi impegnato in una guerra contro de’ Traci, andò repente con un esercito de’ barbari ad assediar Zurobara, prima che Decebalo avesse tempo di prepararsi ad una valida resistenza. Si difese quanto poté ma colto da un colpo di freccia, mentre incoraggiva i suoi su le mura assalite, si vide vicino a perdere con il soglio la vita. Pensò in quell’estremo punto al regno, ai cittadini, alla figlia e, prevedendo le stragi del barbaro, credette evitarle accordandogli Artalice per moglie. Ciò fece col suo testamento, assegnando per dote alla figlia alcune provincie della Tracia Misia ed anco il regno tutto di Dacia, se senza prole fosse perito Alcamene. Morto Decebalo, i cittadini aprirono le porte al vincitore; v’entrò egli con animo di spaventar colle stragi ma il testamento del re di Dacia fece argine al suo furore. Artalice odiava il tiranno ma temea il vincitore ed Ermondo, principe del sangue de’ re di Dacia, amava la principessa ma non trovavasi in positura di contrastarla al rivale. Frattanto giunse vittorioso de’ Traci Alcamene alli confini del regno, recando il suo arrivo consolazione e speranza agli oppressi cittadini di Dacia. Lo scita tiranno, amando assicurarsi l’acquisto dell’amata e del regno, mandò ad incontrare il principe in vicinanza di Zurobara, con ordine che fosse ucciso, come seguì mediante un orribile tradimento delle guardie sedotte. Ecco l’estrema delle disaventure per Artalice ed ecco il motivo di darsi alla disperata risoluzione suggeritale da Alcasto, grande del regno. Esce dunque Artalice di nottetempo da Zurobara; va al campo de’ Daci; veste gli abiti d’Alcamene, la cui morte si teneva nascosta ai soldati da Nicandro, primo duce dell’armi, attendendo le istruzioni del consiglio; ed ingannando col suo sembiante il tiranno medesimo, cui nota era la simiglianza de’ due fratelli, trionfa poscia di lui nella guisa che si raccoglie dal dramma. Tutto ciò che vi è di storico nell’argomento fu raccolto dall’opera intitolata Hungaricarum rerum scriptores historici et geographici, Francofurti, 1600. Si aggiunge per episodio che Tarpace seguace di Oronte s’invaghisse di Amasia, sorella di Ermondo, quand’Oronte s’invaghì di Artalice, e che ella lo disprezzi egualmente che Alcasto, essendo destinata in isposa ad Alcamene.
    L’azione si rappresenta in Zurobara, capitale della vera Dacia che oggi è il bannato di Temisvár.