Gustavo primo re di Svezia, Venezia, Rossetti, 1740

Vignetta Frontespizio
 SCENA VII
 
 Giardino delizioso nell’abitazione d’Ernesto con fontana nel mezzo e sedili ombrosi all’intorno.
 
 ERNESTO, poi LEARCO
 
 Ernesto
 E Learco non viene? Ah non v’è al mondo
 piena felicità. Chi più contento
515oggi di me? Ma il pertinace affetto
 di Dorisbe e di Ergilda
 turba la pace mia. Rivali entrambe
 sono amanti riamate;
 a non tradir Clotilde
520il dover mi consiglia,
 m’obliga amore a non tradir la figlia.
 Learco
 Eccomi a’ cenni tuoi.
 Ernesto
                                         Figlio, sediamo (Siedono sui sedili erbosi)
 e per quell’infelice
 privileggio d’età che porto in fronte
525permettimi ch’io possa
 libero favellar.
 Learco
                              Di padre hai meco
 la ragione e l’impero.
 Ernesto
                                          Oggi godiamo,
 mercé del tuo valor, pace nel regno.
 Infrante le catene
530di cruda servitù, dispor potiamo
 della nostra corona. Il popol tutto
 brama Learco al trono;
 quel che tu gli serbasti or t’offre in dono.
 Learco
 Più grato mi è l’affetto
535d’un popolo fedel che il trono stesso,
 nol ricuso però. Ma Dalecarlia
 picciola parte è del svezzese regno;
 chi m’assicura, Ernesto,
 dell’assenso comun?
 Ernesto
                                        Chi può temerne?
540Tutti deggiono a te la libertade;
 tutti con noi segreta
 tennero intelligenza. Arbitro io sono
 de’ voti del Senato.
 Learco
                                      Odi; potrei
 tal arcano scoprir, sicché dovuto
545questo soglio a me fosse.
 Ma no, con chi lo dona,
 di sangue, di ragion parlar non devo.
 Sol dalle vostre mani io lo ricevo.
 Ernesto
 Qual sangue? Qual ragion?...
 Learco
                                                       Deh mi concedi
550non spiegarmi di più. Verrà fra poco
 chi farà noto al mondo
 qual sia Learco... In volto
 ti cangi? Perché mai?
 Ernesto
                                          Signor perdona... (S’alza)
 Learco
 No, se piacer mi vuoi, siedi e ragiona.
 Ernesto
555(Che fia?) Dunque m’ascolta. (Siede)
 Tu sei straniero ignoto
 e, benché fossi ancor di regio sangue,
 sai che le nostre leggi
 vogliono sol del nostro sangue i reggi.
560Ma spesso variar lice
 a seconda de’ casi anco i decreti.
 Or prevale l’affetto. A un tal diritto
 pur che regni Learco
 ciascun rinunzierà. Questo sol chiede
565il popolo da te; vuol che una sposa
 oggi, signor, tu scelga,
 onde ne’ figli tuoi
 si assicuri la patria i reggi suoi.
 Learco
 (Che mai dirò?) Comincia
570forse il popolo adesso
 a impor le leggi al re?
 Ernesto
                                          Legge soave
 che spiacer non ti può. So che Learco
 ama Ergilda e Dorisbe
 ma non mi è noto a chi la mano ei serbi.
575Sai ch’Ergilda è mia figlia e ciò sol basta
 perché sia di te degna. Io ti assicuro
 sangue illustre in Dorisbe. O questa o quella
 sceglier tu devi al trono;
 queste del popol tuo le leggi sono.
 Learco
580Oimè, che punto è questo?
 Io sceglier? Come mai? Le adoro entrambe,
 impossibil ciò fia.
 Ernesto
                                    Ma sai ch’entrambe
 non lice amar. Le perdi
 tutte e due, se non scegli.
 Learco
                                                Ah per pietade
585restino in libertà gl’affetti miei.
 S’una di queste due mi costa il soglio,
 cedo lo scettro e più regnar non voglio.
 Ernesto
 Ma qual frutto pretendi
 da questo strano amore?
 Learco
                                                Altra mercede
590non bramo che pietà.
 Ernesto
                                          Torna in te stesso. (S’alza e Learco sta sedendo)
 Pensaci. Or che all’occaso
 Febo sen riede, a riposar va’ intanto.
 Ti attendo al nuovo dì. Sì, mi lusingo
 di vederti cangiato,
595di mirar la tua pace in altro stato.
 
    Non così tosto il gelo
 scioglie l’estivo ardore,
 non così tosto in cielo
 scaccia le nubi il sol,
 
600   come potrai tu stesso
 scacciar dal proprio cuore
 quel che ti tiene oppresso
 barbaro acerbo duol.