Gustavo primo re di Svezia, Venezia, Rossetti, 1740

Vignetta Frontespizio
 SCENA X
 
 LEARCO, ERGILDA, DORISBE
 
 Ergilda
 Pur alfin sei scoperto,
 sconoscente Learco.
 Learco
                                       Ergilda oh dio!
260Tu mi condanni a torto.
 Dorisbe
                                              Ah che son io
 la tradita, l’offesa.
 Ergilda
                                    E non giugnesti
 sino d’Argeno a provocar lo sdegno?
 Dorisbe
 Non confermasti, indegno,
 ad Ergilda pur or gl’affetti tuoi?
265Via, la tua infedeltà niega, se puoi.
 Learco
 S’io vi rassembro ingrato
 non è già colpa mia.
 Ergilda
                                       Di chi?
 Learco
                                                       Del fato.
 Ergilda
 Ah mentitor, vorresti
 colle menzogne tue coprir la frode.
270La debolezza tua, la tua incostanza
 ti resero spergiuro.
 Learco
                                      È vero, io fui
 debole assai nel rimirar Dorisbe.
 L’amo, è ver, non lo niego,
 ma infedel non ti sono. Adoro in lei
275il suo volto, il suo cor ma non mi scordo
 del tuo cor, del tuo volto;
 eppur di queste mie doppie ritorte
 io non fui la cagion.
 Dorisbe
                                       Chi fu?
 Learco
                                                       La sorte.
 Dorisbe
 Fato, sorte, destin son nomi vani,
280di’ che non mi ami più; questo, spietato,
 è il tuo vero destin, questo è il tuo fato.
 Learco
 Se mi vedeste il cor, cotanti insulti
 non avria la mia fé, spergiuro, ingrato
 forse non mi direste.
285Movetevi a pietà, non m’imputate
 ciò che destina il cielo.
 Ergilda
                                            Il ciel dispone
 della tua fé? Vuole che il primo affetto
 cancelli dal tuo cor? Fa’ almen che sappia
 le tue ragioni anch’io.
 Learco
290Ecco, Ergilda, Dorisbe, il stato mio.
 
    Se il tuo bel volto io miro (Ad Ergilda)
 d’amor ardo e sospiro.
 Se a te rivolgo il guardo (A Dorisbe)
 d’amor sospiro ed ardo.
295Doppia ho la fiamma al cor.
 
    D’ambe le luci belle
 son del mio cor le stelle
 ma dubbia l’alma resta
 né sa di quella o questa
300arrendersi al splendor.