Farnace, Venezia, Rossetti, 1739

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA VI
 
 SELINDA, AQUILIO, alcuni soldati
 
 SELINDA
 A’ nostri danni armata
 venne ancor Berenice?
 E congiurò con le romane squadre
140contro l’unica figlia ancor la madre.
 AQUILIO
 Non ha riguardi, o bella,
 la ragion dello sdegno; e a questa cede
 ogni ragion del sangue e dell’amore.
 SELINDA
 E tu per lei pugnasti.
 AQUILIO
145Pugnai per Berenice
 pria di veder Selinda.
 Splende nel tuo bel viso
 la più serena idea che mai scendesse
 dall’alte sfere ad illustrar la terra.
 SELINDA
150Duce, me non alletta
 aura di vana lode.
 AQUILIO
 Amor favella.
 SELINDA
                            Amore
 in un eroe romano?
 AQUILIO
 Che? Non amano forse anche gl’eroi?
 SELINDA
155Sì, ma non sono eroi se sono amanti.
 Vanne; non è possibile che mai
 Aquilio il maggior duce
 dell’invitto Pompeo
 vaneggi adorator del mio sembiante.
160Sei guerriero nell’Asia e non amante.
 AQUILIO
 Se guerriero son io,
 come tale m’accogli e mi concedi
 generosa l’onor di tuo campione.
 SELINDA
 Senti; libera io nacqui e nelle vene
165ho un sangue che più volte
 fe’ vacillar in fronte
 alla tua Roma i combattuti allori.
 Questo sangue mal soffre
 l’onte della fortuna,
170qualche cosa tu ardisci
 degna di te, degna di me. Riffletti
 su le mie voci e su le mie vicende
 e se sprone bisogna al tuo valore,
 sappi che questo core
175da’ sereni occhi tuoi non si difende.
 AQUILIO
 Ma se tu non palesi il tuo desio...
 SELINDA
 Vanne e pensaci bene. Aquilio, addio.
 AQUILIO
 
    Begl’occhi io penserò
 ma che rissolverò?
180Se già ho rissolto, sì
 di sempre amarvi.
 
    Voi siete il pensier mio,
 ad altro non poss’io
 pensar che a vagheggiarvi.