Arcifanfano re dei matti, Torino, 1759 (Arcifanfano il re de’ matti)

 SCENA PRIMA
 
 Campagna con collina e trono da un lato.
 
 ARCIFANFANO sopra un trono; due pazzi suoi ministri al tavolino scrivendo ed altri pazzi serventi. Tutti gli altri sei pazzi uomini e donne stanno sedendo sparsi per la collina sotto gli arboscelli e due pazzi stanno a’ piedi della collina ascoltando quello che dicono. Li sei pazzi cantano come segue
 
 li sei pazzi
 
    Vogliamo l’Arcifanfano
 signor della città;
 
    veniam per esser sudditi
 noi pur di sua maestà.
 
 Gloriosa, Sordidone a due
 
5   Andate, andate subito
 e poi tornate qua.
 
 tutti
 
    Vogliamo l’Arcifanfano
 signor della città. (Li due pazzi partono dalla collina e vengono all’Arcifanfano, s’inchinano e poi gli parlano piano)
 
 Arcifanfano
 Dunque sono sei pazzi
10che voglion diventar sudditi nostri?
 Vengano pur; ma acciò scoprir io possa
 come l’intende la lor mente stolta,
 fateli a me venir uno alla volta. (I due servi s’avanzano verso la collina)
 E voi pazzi ministri,
15che i nomi registrate
 de’ sudditi del mio famoso impero,
 provvedetevi pur di carta assai,
 perché crescono i pazzi più che mai.
 tutti
 
    Evviva l’Arcifanfano,
20signor della città;
 
    saremo tutti sudditi
 noi pur di sua maestà.
 
 Gloriosa, Sordidone a due
 
    Andiamo, andiamo subito,
 che già ci accoglierà.
 
 tutti
 
25   Evviva l’Arcifanfano
 signor della città. (Furibondo s’alza e viene abbasso con i servi e si accosta al trono)
 
 Arcifanfano
 Olà; chi siete voi?
 Furibondo
 Mi chiamo Furibondo.
 E fo col mio valor tremar il mondo.
 Arcifanfano
30Qual è il vostro mestier?
 Furibondo
                                               Fo professione
 di farmi rispettar dalle persone.
 Chi mi zappa su’ piedi
 mortifico e strapazzo,
 sfido, bastono, ammazzo,
35son pieno di coraggio e valoroso.
 Arcifanfano
 Bravo, signor furioso;
 anch’io, quando mi vien la mosca al naso,
 precipito, fracasso,
 meno, taglio, conquasso
40e non son di que’ matti
 ch’hanno molte parole e pochi fatti.
 V’accetto nel mio regno; e perché siete
 un uom così bravone
 vi fo del regno mio guardaportone.
 Furibondo
45Accetto il grande impegno e se qualcuno
 mi vorrà dar una guardata storta
 fracasserò, se occorre, ancor la porta.
 Arcifanfano
 Ma signor Furibondo,
 signor terror del mondo,
50perché siete venuto in questo regno?
 Furibondo
 Qui m’ha fatto venir l’ira e lo sdegno.
 Non potevo soffrire
 vedermi preferire
 in cariche d’onore
55gente perfida e vil, senza rossore;
 i torti e le ingiustizie
 m’han fatto delirare e son venuto
 a pregar l’Arcifanfano signore
 dar gloria al mio valore,
60acciò il mondo non cada
 sotto la formidabile mia spada.
 
    Non teme la spada
 che al fianco mi cingo,
 con forza la stringo,
65poi venga dinante
 robusto gigante,
 Orlando e Gradasso
 l’ammazzo e fracasso
 con una stoccata
70così e così. (Parte accompagnato da’ servi che poi tornano)
 
 Arcifanfano
 Questi è un pazzo infelice e sfortunato,
 perché è da tutti odiato,
 anch’io fingo bravura
 ma son dell’opinione
75che sia miglior negozio esser poltrone. (Frattanto scende madama Gloriosa, servita dai due servi, e va al trono)
 Gloriosa
 Siete voi l’Arcifanfano?
 Arcifanfano
                                             Son io;
 inchinatevi tosto al trono mio.
 Gloriosa
 Una donna mia pari non s’inchina.
 Arcifanfano
 Siete qualche regina?
 Gloriosa
                                          Sì signore.
 Arcifanfano
80Perdonate l’errore.
 Ditemi, di qual trono?
 Gloriosa
 Io delle belle la regina sono.
 Arcifanfano
 Questo è un regno soggetto a molti danni
 e suol durare al più fino a trent’anni.
 Gloriosa
85Le trentatré bellezze
 in donne ricercate,
 in me perfezionate
 son tutte ad una ad una,
 di trentatré non me ne manca alcuna.
 Arcifanfano
90In quanto questo poi
 son più bello di lei,
 sono le mie bellezze trentasei.
 Gloriosa
 Come il mio viso è bello,
 è vago il mio cervello.
95In ogni mia struttura
 un miracolo son della natura.
 Arcifanfano
 Or fortunato invero
 renderassi de’ pazzi il vasto impero;
 ma per che causa mai,
100signora sostenuta,
 siete voi qui venuta?
 Gloriosa
                                         Perché il mondo
 non è degno di me; perché nessuno
 conosce il merto mio;
 e perché non son io
105dalla gente malnata
 quanto basta servita e rispettata.
 Arcifanfano
 E pure il mondo è pieno
 di gente pazza, per costume avvezza
 a incensar nelle donne la bellezza.
 Gloriosa
110Ma io, che di beltà m’appello il nume,
 voglio esser adorata oltre il costume.
 Però a voi, Arcifanfano,
 vengo e mi raccomando,
 acciò un vostro comando
115faccia che in questo regno
 ripien di strani umori
 tutti sian del mio viso adoratori.
 Arcifanfano
 Andate, andate pure,
 che, se non fosser pazzi
120i miei sudditi eroi,
 a farli pazzi bastereste voi.
 Gloriosa
 Pazzo può dirsi quello
 che non conosce e non apprezza il bello.
 
    Un vostro sol comando
125faccia che in questo giorno
 al bello venga intorno
 il mondo a corteggiar. (Parte servita, eccetera)
 
 Arcifanfano
 Se tutte qua venissero
 quelle donne che sono
130pazze per vanità, come costei,
 empirebbero presto i stati miei. (Sordidone scende dalla collina con uno scrigno sotto il braccio, servito al solito)
 Sordidone
 Andate, andate via.
 Non voglio che sentite,
 non voglio che vedete,
135perché alla ciera due bricconi siete. (Alli due servi che se ritirano)
 Arcifanfano
 Chi siete, galantuomo?
 Sordidone
 Io sono un poveruomo
 ch’ha sempre faticato;
 sempre poco ho mangiato,
140pochissimo ho bevuto e mai dormito;
 e sono andato sempre malvestito.
 Arcifanfano
 Poverino! Perché?
 Sordidone
                                    Per avanzarmi
 un poco di danaro.
 Benedetto danar mi sei pur caro!
 Arcifanfano
145Eh, ne avete voi molto?
 Sordidone
                                             Io non vorrei
 che alcuno mi sentisse. Eccolo qui.
 Eccolo il mio tesoro,
 quattromila filippi in doppie d’oro.
 Arcifanfano
 Zitto, che non si sappia.
150Ditemi in confidenza, quel danaro
 l’avete guadagnato
 o l’avete rubato?
 Sordidone
                                 Vi dirò;
 ho fatto delle usure,
 ho prestato danar col pegno in mano.
155Se ho trovato il baggiano,
 colla mia borsa ad aiutarlo intenta,
 ho principiato a numerar dal trenta
 e m’hanno sopra tutto profittato
 sedici soldi al mese per ducato.
 Arcifanfano
160Vossignoria perdoni,
 qui si accettano pazzi e non bricconi.
 Sordidone
 Purtroppo con strapazzo
 mi dice il mondo pazzo,
 perché in tasca il danaro m’ho tenuto
165e un momento di ben non ho goduto.
 Ma il mio ben, ma il mio cuore
 è questo, è questo solo (Accenna il cassettino)
 e a guardare il danaro io mi consolo.
 Arcifanfano
 Ma che volete far di quell’intrico?
170Io non ne sono amico.
 Sapete pur che i pazzi
 hanno colle monete antipatia;
 e quando hanno danaro il gettan via.
 Sordidone
 Per questo son venuto
175a ricorrer da voi. Nel mio paese
 non mi posso salvar. Perché si sa
 che ho un poco di danaro,
 ciascun mi viene intorno
 né mi lasciano star notte né giorno.
180Questo un laccio mi tende,
 quello al varco m’attende.
 Ognun mi va facendo il bello, il caro,
 per rubarmi di tasca il mio danaro.
 Qui dove di danar non si fa caso,
185son almeno persuaso
 che senza insidiatori
 potrò in pace goder i miei tesori.
 Arcifanfano
 Date a me quel danaro,
 io lo custodirò;
190e quando lo vorrete
 sempre nelle mie man lo vedrete.
 Sordidone
 Ma signor...
 Arcifanfano
                         Diffidate?
 Di vivere fra noi non siete degno;
 e vi farò cacciar fuor del mio regno.
 Sordidone
195Ma sarà poi sicuro!
 Arcifanfano
                                      Sicurissimo;
 giuro da re de’ pazzi arcipazzissimo.
 Sordidone
 Quand’è così, tenete. (Gli dà il cassettino)
 Ohimè, ohimè!
 Arcifanfano
                               Che avete?
 Sordidone
 Mi vien un gran sudore,
200ahi, che vi lascio nello scrigno il core!
 Arcifanfano
 Andate, andate dentro;
 della città felice io vi destino,
 per secondare il vostro bell’umore,
 economo de’ pazzi e spenditore.
 Sordidone
205Andrò... Ma non so... Vi raccomando
 il mio povero cor.
 Arcifanfano
                                   Il vostro core,
 ditemi, ov’è riposto?
 Sordidone
 Dentro quel cassettino io l’ho nascosto.
 
    Sordidon, che cosa hai fatto!
210Poveretto, il tuo danaro!
 Vonno a forza ch’io sia avaro;
 non è ver, son generoso
 e il mio core ah ah ah,
 povero scrigno
215dove anderà? (Parte co’ servi)
 
 Arcifanfano
 Quello di tutti i pazzi è il maggior pazzo
 che fa di sé strapazzo.
 L’avaro è un animale
 che a nessuno fa bene e a sé fa male.
220Io parlo qualche volta
 che pazzo non rassembro; ma è dovere
 che il re de’ pazzi nella mente stolta
 de’ lucidi intervalli abbia talvolta. (Scende dalla collina Malgoverno pazzo prodigo)
 Malgoverno
 Arcifanfano, io sono
225Malgoverno chiamato,
 perché il mio patrimonio ho consumato.
 Io stava allegramente,
 senza pensare a niente;
 ora ho finito il tutto
230e se prima era bello ora son brutto.
 Arcifanfano
 Evviva, non importa;
 almeno avrete fatti degli amici
 che si ricorderan de’ dì felici.
 Malgoverno
 Gli amici son finiti,
235se finito è il danaro. Anco le donne,
 che facevan di me l’innamorate,
 or che non ho danar si son cambiate.
 Arcifanfano
 Ora sì siete degno
 di venir nel mio regno.
 Malgoverno
                                             Per qual motivo?
 Arcifanfano
240Perché, se voi credeste
 delle femmine al cor bugiardo e scaltro,
 siete pazzo pazzissimo senz’altro.
 Malgoverno
 Ora che ho terminato d’impazzire
 tutti gli altri son savi e non ritrovo
245chi si ricordi più per cortesia
 che ha fomentato un dì la mia pazzia.
 Disperato io sono;
 eccomi al vostro trono;
 spero si moverà
250qualche pazzo di me forse a pietà.
 Arcifanfano
 Non sarei re de’ pazzi,
 se a pietade di voi non mi movessi.
 Ecco danar; tenete,
 consumate, spendete;
255perché voi siete il capo de’ balordi,
 vi fo mastro de’ chiassi e de’ bagordi.
 Malgoverno
 Grazie a vostra maestà. Tenete amici.
 Finché ve n’è godete. (Dà danari a’ servi)
 Quando poi non ne avremo
260baroni come prima torneremo.
 
    Il danaro no non voglio
 e tenerlo non m’è caro,
 solo serve a me d’imbroglio,
 diventar non voglio avaro
265né per lui vuo’ sospirar. (Parte dando danari a’ servi e va in città)
 
 Arcifanfano
 Ecco il fin del danaro
 che accumula con stento il pazzo avaro. (Scende dalla collina madama Semplicina co’ servi)
 Che vaga pazzerella!
 Con questa, in fede mia,
270il regno spartirei della pazzia.
 Semplicina
 Via, via con quelle mani.
 Andatemi lontani.
 Arcifanfano
                                    Cos’avete
 pazzerella gentil che irata siete?
 Semplicina
 Fuggo dal mio paese,
275perché non voglio che nessun mi tocchi.
 E mi voglion toccar quei pazzi allocchi.
 Arcifanfano
 Via di là. Poverina!
 Chi siete voi?
 Semplicina
                            Madama Semplicina.
 Arcifanfano
 Fanciulla o maritata?
 Semplicina
                                          Ohibò, che dite?
280Io maritata, io? Come? Se mai
 un uomo nella faccia non mirai?
 Arcifanfano
 Perché così ritrosa?
 Semplicina
 Perché sono un tantino vergognosa.
 Arcifanfano
 Voi siete fatta come il genio mio,
285perché son molto vergognoso anch’io.
 Semplicina
 Eh gli uomini son tutti
 furbacciotti e cattivi.
 Arcifanfano
 Come il sapete voi?
 Semplicina
                                       Già gli ho provati.
 Arcifanfano
 Se in faccia non gli avete mai mirati?
 Semplicina
290Le fanciulle modeste
 non alzano mai gli occhi.
 Arcifanfano
                                               Dite bene.
 Guardarsi non conviene.
 Si può ben dire qualche parolina?
 Semplicina
 Quando sia modestina.
 Arcifanfano
295Si può toccar la man con pudicizia.
 Semplicina
 Quando la cosa sia senza malizia.
 Arcifanfano
 Ho imparato a trattare
 senza malizia alcuna
 dopo aver visto Il mondo della luna.
 Semplicina
300Signore, io son venuta
 a ricorrer da voi. Gli uomini arditi
 non lascian d’insultarmi.
 E oramai non so più dove salvarmi.
 Arcifanfano
 Avete padre e madre?
 Semplicina
                                           Signorsì.
 Arcifanfano
305Perché non vi maritano?
 Semplicina
                                                Dirò,
 perché non vonno i genitori miei
 dar per marito a me quel ch’io vorrei.
 Arcifanfano
 Siete voi innamorata?
 Semplicina
                                           Sì signore.
 Arcifanfano
 È bello il vostro amante?
 Semplicina
                                                Non lo so,
310perché in viso mirato mai non l’ho.
 Arcifanfano
 Oh veramente degna
 di star fra queste pazze fortunate,
 poiché senza veder v’innamorate.
 Semplicina
 Mi raccomando a vostra maestà.
315Arrossisco, signor, se sto più qua.
 Arcifanfano
 Andate e non temete,
 che toccata dai pazzi non sarete.
 Ma prima Semplicina
 datemi un’occhiatina.
 Semplicina
                                           Oh cosa dite!
 Arcifanfano
320Non fate verun mal guardando me,
 perché io sono alla fin de’ pazzi il re.
 Semplicina
 Nol farò mai, se non allora quando
 mi obbligasse di farlo un suo comando.
 Arcifanfano
 Olà, donna ascoltatemi,
325alzate le pupille e poi miratemi.
 Semplicina
 
    S’io miro quel sembiante,
 son presa e sono amante
 e più parlar vorrei
 e più parlar non so.
 
330   Fuggo, che un mostro sei...
 Son Semplicina,
 son modestina.
 E gli occhi bassi
 tenere io vo’. (Parte co’ servi in città)
 
 Arcifanfano
335Questa è quella pazzia,
 chiamata ritrosia,
 la quale a poco a poco
 col gel principia e termina col foco. (Madama Garbata co’ servi scende dalla collina)
 Garbata
 Animo buona gente
340che stia allegramente.
 Arcifanfano mio, signor de’ pazzi,
 io vengo per goder spassi e solazzi.
 Arcifanfano
 Brava, così mi piace,
 evviva l’allegria;
345vada in malora la malinconia.
 Garbata
 Mi conoscete voi?
 Arcifanfano
                                   Signora no.
 Garbata
 Chi son ve lo dirò.
 Son madama Garbata,
 d’allegrezza impastata;
350non vo’ parlar di guai,
 non ci ho pensato e non ci penso mai.
 Arcifanfano
 O che bizzarro umor!
 Garbata
                                          Sia guerra o pace,
 sia pioggia o sol, sia tristo tempo o buono,
 sempre la stessa io sono;
355perisca tutto il mondo,
 caschi la casa anch’essa,
 sempre sarò la stessa.
 Amanti, non amanti, non m’importa,
 drizzatemi la cuffia, che l’ho torta.
 Arcifanfano
360O mille volte degna
 del gran regno de’ pazzi. In fede mia
 il ristoro de’ pazzi è l’allegria.
 Garbata
 Io son fuggita dalla mia città,
 perché gli uomini là
365vogliono far i savi;
 e con i grilli suoi
 sono pazzi tre volte più di noi.
 Fan talora un festino e sul più bello
 prendono gelosia.
370E si cambia in dispetto l’allegria.
 Saranno a qualche cena
 accanto alla sua bella
 e invece di mangiare
 si sente sospirare.
375Giocano col pedin sotto la tavola
 e s’ella non risponde
 l’amante si confonde,
 d’amor, di gelosia, di rabbia pieno;
 spende il danaro, poi mangia il veleno.
 Arcifanfano
380Oh che pazzi! Oh che pazzi! Io di costoro
 esser re non vorrei,
 sono pazzi assai meno i pazzi miei.
 Garbata
 Io voglio star allegra
 senza sentir sospiri e batticori;
385però son qui venuta
 da vostra maestà,
 che il cielo vi conservi in sanità.
 Arcifanfano
 Andate, andate dentro e ci vedremo,
 in pace goderemo.
390Faremo i nostri patti,
 staremo allegramente.
 Garbata
                                            Evviva i matti.
 
    Vo’ stare allegramente,
 vo’ prendermi solazzo;
 fo bene a far così?
395V’è chi mi dice sì,
 v’è chi mi dice no;
 o l’uno o l’altro è pazzo
 o siamo pazzi in tre.
 
    Il mondo è tanto bello,
400perch’è di vari umori;
 vo’ fare tutto quello
 che pare e piace a me. (Parte co’ servi)
 
 Arcifanfano
 Or sì posso chiamarmi
 de’ pazzi il gran monarca,
405perché la monarchia de’ pazzi è cara.
 Oggi ho fatto l’acquisto
 di sei varie persone
 con diversa opinione e fantasia,
 con diverso costume o sia pazzia.
 
410   Ah che piacere io sento
 con tanti pazzi intorno
 allor che notte e giorno
 li ascolto vanneggiar.
 
    Chi freme e chi s’adira,
415chi teme il mio furore,
 chi fugge per timore
 del mio poter sovrano;
 rispetta ognun la mano
 e chi la vuol bagiar. (Parte)