L’olimpiade, Venezia, Rossetti, 1738

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA V
 
 CLISTENE con seguito e dette
 
 Clistene
 Figlia, tutto è compito. I nomi accolti,
 le vittime svenate, al gran cimento
 l’ora prescritta. E più la pugna ormai,
 senza offesa de’ numi,
255della pubblica fé, dell’onor mio
 differir non si può.
 Aristea
                                      (Speranze, addio).
 Clistene
 Ragion d’esser superba
 io ti darei se ti dicessi tutti
 quei che a pugnar per te vengono a gara.
260V’è Olinto di Megara;
 v’è Clearco di Sparta, Ati di Tebe,
 Erilo di Corinto e fin di Creta
 Licida venne.
 Argene
                            Chi?
 Clistene
                                        Licida, il figlio
 del re cretense.
 Aristea
                               Ei pur mi brama?
 Clistene
                                                                  Ei viene
265con gli altri a pruova.
 Argene
                                         (Ah, si scordò d’Argene).
 Clistene
 Sieguimi, o figlia.
 Aristea
                                    Ah questa pugna, o padre,
 si differisca.
 Clistene
                          Un impossibil chiedi;
 dissi perché. Ma la cagion non trovo
 di tal richiesta.
 Aristea
                               A divenir soggette
270sempre v’è tempo. È d’imeneo per noi
 pesante il giogo e già senz’esso abbiamo
 che soffrire abbastanza
 nella nostra servil sorte infelice.
 Clistene
 Dice ogniuna così ma il ver non dice.
 
275   Del destin non vi lagnate
 se vi rese a noi soggette;
 siete serve ma regnate
 nella vostra servitù.
 
    Forti noi, voi belle siete
280e vincete in ogni impresa,
 quando vengono a contesa
 la bellezza e la virtù.