L’olimpiade, Venezia, Rossetti, 1738

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA III
 
 LICIDA ed AMINTA
 
 Licida
 Oh generoso amico!
 Oh Megacle fedel!
 Aminta
                                    Così di lui
90non parlavi poc’anzi.
 Licida
                                         Eccomi alfine
 possessor d’Aristea. Vanne, disponi
 tutto, mio caro Aminta. Io con la sposa
 prima che il sol tramonti
 voglio quindi partir.
 Aminta
                                        Più lento, o prence,
95nel fingerti felice. Ancor vi resta
 molto di che temer. Potria l’inganno
 esser scoperto; al paragon potrebbe
 Megacle soggiacer. So ch’altre volte
 fu vincitor; ma un impensato evento
100so che talor confonde il vile e il forte
 né sempre ha la virtù l’istessa sorte.
 
    Non fidarti della sorte,
 ch’ella è cieca e non ha legge.
 Spesse volte il vil protegge,
105spesso il forte perir fa.
 
    Nulla val contro fortuna
 il coraggio ed il valore.
 Ma prudente egl’è il timore
 in chi a esponere si va.
 
 Licida
110Egl’è pur importuno
 con questo suo noioso,
 perpetuo dubitar. Vicino al porto
 vuol ch’io tema il naufraggio! A’ dubbi suoi
 chi presta fede intera
115non sa mai quando è l’alba o quando è sera.
 
    Ripieno di furore
 segue destriero il corso,
 disprezza il fren del morso
 né voce di terrore
120lo giugne a spaventar.
 
    Così quest’alma mia
 non teme di periglio
 ma vuole il sol consiglio
 d’amore seguitar.