L’olimpiade, Venezia, Rossetti, 1738

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 ARGOMENTO
 
    Nacquero a Clistene re di Sicione due figliuoli gemelli, Filinto ed Aristea, ma avvertito dall’oracolo di Delfo del pericolo ch’ei correrebbe d’essere ucciso dal proprio figlio, per consiglio del medesimo oracolo, fece esporre il primo e conservò la seconda. Cresciuta questa in età ed in bellezza, fu amata da Megacle, nobile e valoroso giovane ateniese, più volte vincitore ne’ giuochi olimpici. Questi, non potendo ottenerla dal padre, a cui era odioso il nome ateniese, va disperato in Creta. Quivi, assalito e quasi oppresso da’ masnadieri, è conservato in vita da Licida, creduto figlio del re dell’isola, onde contrae tenera ed indissolubile amistà col suo liberatore. Avea Licida lungamente amata Argene, nobil dama cretense, e promessale occultamente fede di sposo. Ma, scoperto il suo amore, il re, risoluto di non permettere queste nozze ineguali, perseguitò di tal sorte la sventurata Argene che si vide costretta ad abbandonar la patria e fuggirsene sconosciuta nelle campagne d’Elide, dove, sotto nome di Licori ed in abito di pastorella, visse nascosta a’ risentimenti de’ suoi congiunti ed alle violenze del suo sovrano. Rimase Licida inconsolabile per la fuga della sua Argene e dopo qualche tempo, per distrarsi dalla sua mestizia, risolse di portarsi in Elide e trovarsi presente alla solennità de’ giuochi olimpici che ivi col concorso di tutta la Grecia dopo ogni quarto anno si ripetevano. Andovvi, lasciando Megacle in Creta, e trovò che il re Clistene, eletto a presiedere a’ giuochi sudetti e perciò condottosi da Sicione in Elide, proponeva la propria figlia Aristea in premio al vincitore. La vide Licida, l’ammirò ed obbliate le sventure de’ suoi primi amori, ardentemente se ne invaghì; ma disperando di poter conquistarla, per non esser egli punto addestrato agli atletici esercizi, di cui dovea farsi prova ne’ detti giuochi, immaginò come supplire con l’artificio al difetto dell’esperienzia. Si sovvenne che l’amico era stato più volte vincitore in somiglianti contese e, nulla sapendo degli antichi amori di Megacle con Aristea, risolse di valersi di lui, facendolo combattere sotto il finto nome di Licida. Venne dunque anche Megacle in Elide alle violenti istanze dell’amico; ma fu così tardo il suo arrivo che già l’impaziente Licida ne disperava. Da questo punto prende il suo principio la rappresentazione del presente drammatico componimento. Il termine o sia la principale azione di esso è il ritrovamento di quel Filinto per le minacce degli oracoli fatto esporre bambino dal proprio padre Clistene ed a questo termine insensibilmente conducano le amorose smanie di Aristea, l’eroica amicizia di Megacle, l’incostanza ed i furori di Licida e la generosa pietà della fedelissima Argene (Herodotus, Pausanias, Natalis Comes, eccetera).
    La scena si finge nella campagne d’Elide, vicine alla città d’Olimpia alle sponde del fiume Alfeo.