Il mondo della luna, Roma, Zempel, 1754 (Civitavecchia)

 SCENA VII
 
 Camera in casa di Buonafede con loggia aperta, tavolino con lumi e sedie.
 
 FLAMINIA e CLARICE
 
 CLARICE
 Eh venite, germana,
 andiam su quella loggia
285a goder della notte il bel sereno.
 FLAMINIA
 Se il genitore austero
 ci ritrova colà, misere noi.
 CLARICE
 Che badi a’ fatti suoi.
 Ci vuol tener rinchiuse,
290come fossimo noi tele di ragno?
 FLAMINIA
 Finché noi siam soggette
 al genitor, convien soffrire.
 CLARICE
 Ma io per vero dire,
 stanca di questa soggezion noiosa,
295non veggo l’ora d’essere la sposa.
 FLAMINIA
 E quando sarem spose
 avrem di soggezion finiti i guai?
 Anzi sarem soggette più che mai.
 CLARICE
 Eh sorella, i mariti
300non son più tanto austeri.
 Aman la libertade al par di noi;
 ed abbada ciascuno ai fatti suoi.
 FLAMINIA
 Felici noi, se ci toccasse in sorte
 un marito alla moda. Ah sventurate,
305se un geloso ci tocca.
 CLARICE
                                        In pochi giorni
 o ch’io lo guarirei
 o che al mondo di là lo manderei.
 FLAMINIA
 Vorreste forse avvelenarlo?
 CLARICE
                                                    Oibò,
 ma il segreto io so
310con cui questi gelosi
 dalle donne si fan morir rabbiosi.
 FLAMINIA
 Se l’accordasse il padre,
 sperarei con Ernesto esser felice.
 CLARICE
 Lo sperarei anch’io
315con Ecclitico mio.
 FLAMINIA
 Quell’Ecclitico vostro
 è un uom ch’altro non pensa
 che a contemplar or l’una, or l’altra stella.
 CLARICE
 Questo è quello, sorella,
320che in lui mi piace più.
 Finché ei pensa alla luna, ovvero al sole,
 la sua moglie farà quello che vuole.
 FLAMINIA
 Ma il genitor, io temo,
 non vorrà soddisfarci.
 CLARICE
                                           Evvi in tal caso
325un ottimo espediente.
 Maritarci da noi senza dir niente.
 FLAMINIA
 Ciò so che non conviene a onesta figlia
 ma se amor mi consiglia,
 e il padre a me si oppone,
330io temo che all’amor ceda ragione.
 
    Affetti non turbate
 la pace all’alma mia,
 sia vostra scelta o sia
 l’oprar necessità.
 
335   Perché rei vi credete
 se liberi non siete,
 perché non vi cangiate
 se avete libertà.