Il mondo della luna, Roma, Zempel, 1754 (Civitavecchia)

 SCENA V
 
 ERNESTO e CECCO
 
 CECCO
 Costui dovrebbe al certo
 esser ricco sfondato.
 ERNESTO
                                        E a che motivo?
 CECCO
240Perché a far il mezzano
 egli non ha difficoltade alcuna.
 Ed è questo un mestier che fa fortuna.
 ERNESTO
 Tu dici male; Ecclitico è sagace.
 E se in ciò noi compiace
245il fa perché Clarice ei spera e l’ama.
 CECCO
 Ho inteso, ho inteso. Ei brama
 render contenti i desideri suoi
 e vuol far il piacer pagar a noi.
 ERNESTO
 Orsù taci e ramenta
250chi son io, chi sei tu.
 CECCO
 Per cent’anni padron non parlo più.
 ERNESTO
 Vado in questo momento
 denaro a proveder. Tu va’, m’attendi
 d’Ecclitico all’albergo, ove domani,
255mercé il di lui talento,
 spero che l’amor mio sarà contento.
 
    Grandi è ver son le mie pene
 nel pensar al caro bene;
 ma il mio cor si strugge intanto,
260benché speri un dì pietà.
 
    Il mio spirto resta oppresso
 né ravviso più me stesso
 e consola questo pianto
 la perduta libertà.