Metrica: interrogazione
480 endecasillabi (recitativo) in La buona figliuola maritata Bologna, Sassi, 1761 
dispiacer vi reccai, vi chiedo in dono
dalla vostra bontà grazia e perdono.
se parlarvi d’amore ebbi ardimento,
In voi l’onor del sangue io compatisco; (Al cavaliere)
di te so l’innocenza e l’aggradisco. (A Mengotto)
che vi troviate un cavalier servente;
e può aver tal onore anche un parente.
di piacere al marito io n’ho abbastanza.
andaste sempre col consorte al fianco?
che d’appoggio vi serva e compagnia.
n’ebbi una indiscreta, aspra, cattiva,
                (Abbiate pazienza). (Piano alla marchesa)
                                                      E come mai,
avete in sdegno il vostro amor cangiato?
abbiamo un vel dinnanzi agl’occhi e poi,
passati i giorni dei primier diletti,
ragion si desta e scopronsi i diffetti.
(Tollerar più non posso...) (In atto di avanzarsi)
                                                  (Ah no. Non fate). (Trattenendola)
Che disgusti vi diè la vostra sposa?
l’ingiurioso confronto. Io son chi sono.
e a un amante e a un soldato ancor non credo.
son del vostro german legata al laccio;
mi difenda lo sposo; io parto e taccio. (Parte)
Certo di nobiltade è un grande indizio
quel sputar le sentenze a precipizio. (Ironica)
favellando in tal guisa a una cognata. (Alla marchesa)
si vede che l’amore in voi favella;
nasce la compassion dall’esser bella.
stimo, apprezzo il suo merto e lo protesto.
ma è maliziosa e accorta e il mio Mengotto,
                                     Eh per l’appunto.
l’arte dell’impostura e del mentire.
La mia sposa dov’è? (Alla marchesa)
                                        La riverisco.
or ch’è sposa ancor essa e cavaliera,
non la vorrei veder sì brusca in ciera.
ma voi lo dite ed io non credo un zero.
                                      Non vuo’ impazzire.
                                          Da mio marito.
che a servirla verrà lo sposo ingrato,
buon amico e fedel di suo cognato! (Con ironia)
Venirmi a metter delle pulci in testa!
so che Marianna è dessa... Ah! Se non fosse?
Cospettone! Sarebbe il bell’imbroglio.
Tutti le voglion ben... Tutti, sì tutti.
l’ama semplicemente... E mia germana
Eh sarà una pazzia. È donna, è donna
la signora che or sono in giardiniera!
tutto quello ch’io fo fo per dispetto).
                                 Oh no, signora,
eccomi; son da lei. (La gran dottora!)
Gran sfortuna, davver, che ho io con voi.
la farà fortunata o sfortunata! (Ironica)
non scordomi il passato. Il ciel ringrazio
con voi, con tutti quanti, e mal mi viene
se veggo che qualcun non mi vuol bene.
mi macera l’invidia a mio dispetto).
                                         Sì signora. (Ruvidamente)
                                             L’ho capita. (Come sopra)
                                    Sarà servita. (Come sopra)
                                              Oh cosa dice? (Con affettazione)
ditemi il vostro cor libero e schietto
                                   Giuro che no.
voi siete la mia stella e a voi dappresso
l’amor vostro turbasse e la mia pace.
credo ch’esser possiate e che il mio core
esser non può del vostro ben mai sazio.
quanto bene vi voglio; ah propriamente,
tremo, piango, m’uccide un fier dolore! (Piange)
(Ah ressister non so, mi crepa il core). (Piange)
                                      Ah sì, vi adoro.
                                          Tutta tutta?
d’una donna d’onor che s’ha a temere?
Ditemi, che v’ha detto il cavaliere?
                                           O torto o dritto,
vo’ saper fra di voi quel ch’è passato.
Eh la nascita vostra è ancora incerta!
Essere vi potrebbe un qualche imbroglio.
Nix italian capir. Presto parlar, (A Marianna accennando il marchese)
                                          Oh non temete,
han fortune, ricchezze e i primi onori. (A Tagliaferro)
a la gherra mi star braffo impostore. (Al marchese)
Non ci ho difficoltà. Lo credo anch’io. (A Tagliaferro)
                                     E qual novella
                                  Herr barone
star viaggio per fenir. No star lontan.
                                     (Se questo è vero,
                                          Sì gioia mia.
                                     Corpo di Bacco!
Perché più non lo dir? Perché negar
che impostore mi star per mia brafura?
Sì signor, ve l’accordo, è un’impostura.
sia la mia condizione ed il mio stato?
Non so quel che mi sia; chiedo perdono.
Sì a dispetto d’ognun, vostro son io.
                                          Oh questo no.
                                      Ve ne vorrò.
                   Sempre in eterno.
                                                      E se verranno
                                   Non vi è pericolo.
So chi siete, mio ben, v’amo e vi credo.
Se lo dite di cor, di più non chiedo.
e più crudel d’ogni qualunque fiera.
mio padre a me sen viene e questo foglio
                                     Foler pel pello
                                       Sì, star sicuro
legger di nuovo e ribacciare io voglio. (Entra in una camera)
                                        Galantuomo. (A Tagliaferro)
quello che intesi a dir? Che il genitore
                                              Jo, main Herr.
E pur v’è chi non crede e chi sostenta
                                            Jo, star vero.
                                    Dunque star falso
                               Dunque star matto.
                                                 Star di sua mano
                                          E dov’è il foglio?
                                                 Son curioso
                                         Andar in camera
dove star Marianna. (Accenna la camera)
                                        Io non ardisco...
fenir, fenir con mi, non dubitar. (Lo prende per un braccio e lo conduce in camera di Marianna)
               Là in quella camera.
                                                      E il soldato
                                            E non bisogna
                                  A seppellirvi andate
se i vostri e i torti miei non vendicate. (Parte)
(Ma se v’è il corazzier mi fa paura).
                                     Zitto, zitto,
                                    È il cavaliere.
(Non vorrei che venisse il corrazziere).
                                        Fuori signore,
                                  Con chi parlate?
                                   Siete impazzato?
Fuori v’aspetto a rendermi buon conto. (Parte)
nel cortile, in un prato o sulla strada.
e il mio sposo m’adora ed è innocente.
crederebbe più a me che a chi mi accusa.
è un perfido ancor esso, è un menzognero.
Ah perfido il mio ben! No, non è vero.
Umilissima serva. (Con inchini affettati)
                                    A lei m’inchino. (Come sopra)
a me piace il buon cor, non le apparenze.
                                        Fo il mio dovere. (Come sopra)
Pronta son, se comanda, ad obbedirla. (Come sopra)
che da noi sia spogliata e sia servita
coll’abito leggier può rinfrescarsi.
col guarnello e il cappel da ortolanella.
                                Vuol ch’io la serva?
                                                                     Andate.
fin che vita riman, vi è ancor speranza.
né soffrirò che l’innocenza vostra
tradisca, insulti il vostro sposo ardito.
Del vostro amor quel disumano è indegno.
Io l’amo ancor col più verace impegno.
                                  Fedele io sono.
                                                Io gliel perdono.
                                    M’offese a torto,
                                       Il ciel non voglia
                                                   Il di lui sangue
Gli farò col mio sen scudo e diffesa.
                                                   Il ciel mel diede,
vo’ di vita mancar pria che di fede.
mostrar tanta passione, a mio dispetto.
                                         Eh in lei specchiatevi
                                        Io non mi curo
d’apprender la virtù d’un’alma indegna
che ad involar gli altrui mariti insegna.
                                        Chetati ardita.
che chi altrui fa del mal non può aver bene. (Parte)
                                          Ed io mi pento
                                      E ben, fra noi
l’odio trionfi e si divida il letto.
vuol che abbiate a provar la pena istessa.
L’onte d’una rival soffrir non voglio.
Né soffrire degg’io sì folle orgoglio.
che il padre di Marianna, o sia Cecchina,
cader sopra di me! M’odia il germano,
m’abborisce il consorte, ognun mi chiama
è l’ira dello sposo. Ei mi ha perduto
e il core e il letto separar m’intima.
a far che torni a riscaldarsi il foco.
cessata la cagion ch’ora l’irrita,
pria che qualch’altro impedimento accada,
vo’ che tosto colei da noi sen vada.
queste sì care un tempo amiche spoglie,
se m’ingombrano il sen sdegni e paure?
fra l’erbe e i fiori a ricercar riposo,
se d’amore nel petto ho il serpe ascoso?
dall’atto d’umiltà con cui discendo,
con cui soffro costante il duro affanno,
muover spero a pietade il mio tiranno!
Quando il merito men, m’oltraggi a torto;
io t’obbedisco e i sdegni tuoi sopporto.
Vuoi ch’io accresca il mio mal coi miei trasporti?
che se perdo ogni bene, ogni speranza,
Più resister non posso a un tal dolore, (Piange)
proprio il vostro parlar mi piomba al core.
Quella rara bellezza è un grand’incanto.
                 Voglio star qui.
                                               Va’ via ti dico.
Di restare e d’andar padrona io sono.
a una donna mia pari?... Ecco il padrone. (Con allegrezza minacciandolo)
                                     Oh me felice!
                                  Sol per far prova
Ah resister non posso a tal dolcezza. (Piange)
Ah che piango ancor io per tenerezza. (Piange)
Io ti farò morir sotto un bastone. (Al suddetto)
Credo a quel che vid’io cogli occhi miei.
Piango, perché son tenero ed umano. (Al marchese)
Quel dì ch’io ti mirai sia maledetto. (A Sandrina)
Parla così, perché d’amore è acceso.
voi serbate nel cor gli antichi amanti.
                                 (Non vi fidate). (Piano al marchese)
Siete infedel; più non vi voglio; andate. (A Marianna)
(Come creder ciò possa io non capisco). (Da sé)
(Deggio usare il rigor ma ci patisco). (Da sé)
                                         Li vidi io stesso
d’una donna infelice il crudel stato?
Voi solo avete un cor barbaro, ingrato.
                                             Sposo diletto,
                                     È un pensier rio
                                       (Lo temo anch’io). (Da sé)
alla moglie vicino un che l’adora? (Al marchese)
                                           (A tempo è giunta). (Da sé)
E m’intimò la division del letto. (Al marchese)
Voi portate rispetto a mia germana, (Al cavaliere)
voi andate di qua, presto e lontana. (A Marianna)
Che leggierezza è questa? (Al marchese)
                                                 (Omai son stanca
                        Me n’andrò. (In atto di partire)
                                                 Vada a buon viaggio. (A Marianna)
                   E che pretendi?... (A Mengotto)
                                                     In questo punto
                                      (Ora sto fresco). (Da sé)
                                           (Affé pavento). (Da sé)
se taccio è mal, peggio sarà s’io parlo.
Anderò per rispetto ad incontrarlo. (In atto di partire)
                                Non l’irritate. (Al marchese)
                               Ad incontrarlo andate.
Che risolver non so. Perdo il cervello.
foss’egli tal, lo dico e lo prometto,
lungi dovrete andar da questo tetto. (Parte)
che padrona sarete in queste mura. (Parte)
Il padron non vi vuol, già lo sapete. (Parte)
Qui dovrete restare e ci starete. (Parte)
Parla in altri l’invidia, in altri il zelo,
                                            Oh caro sposo
                                        A lui non dite
                                        (Ah non ardisco...
giubilare nel sen per il contento). (Da sé)
                                        Quella è signore.
Eccomi a’ vostri piedi, o genitore. (S’inginocchia)
Was ist? Mariandel, edel Fraul, frai Fraule,
sin dalla prima età ci ha preso affetto.
Si è vestita così, per suo diletto. (Al colonnello)
                                           Star contentissimo.
Zovanzich non capir? Star anni... Aspetta.
                                          Come dir
                                     Vuol dire il vento?
                                     Diconsi i venti.
(Ho piacer ch’egli sia di buonumore).
                                      Che cosa vuole?
                                        Niente capir.
                                    Si chiama vite.
per ghenero Marggraff, gutt, onorato. (Al marchese)
(Non ardisco di dir quel ch’è passato).
non vuo’ per gelosia precipitarmi). (Da sé)
                                         Se il tedesco
                               Come?
                                               Il soldato,
                                           Ma il corazziere
                                     Tutto, tuttissimo.
Ei di quanto è passato è informatissimo.
ho informato dall’a per fino al ronne.
                                             Anche di lei.
Nascerà, lo prevedo, un precipizio. (Parte)
e di quello che ho fatto io non mi pento.
                                   Viva mill’anni.
                                                      Jo.
Con licenza, signor. (Vo’ coltivarlo). (Parte)
che del genero vostro è la germana. (Al colonnello)
Brandevain foler? (Offerisce il rosoglio alla marchesa)
                                    Bene obbligata;
Tar Taifle; befer ie. Per tua salute. (Beve)
                                            Oh signorsì.
ma è gelosa un po’ troppo e mi martora. (Al colonnello)
(Per dir il vero, ho un poco di spavento). (Piano a Sandrina)
               La riverisco. (S’inchina)
                                        Star compite.
                                   Che sia arrivato
                                           Pene oplicato.
                                                Jo.
Se mi vuol favorire, anch’io l’accetto.
quando pipa finir, peffer anch’ie. (Egli seguita a fumare ed esse bevono a sorsi)
tu pur coll’altra gente, e fa’ che tutto
ch’è per voi sì amorosa e così buona.
                                                     Sì signore,
e vo’ ballare e vo’ saltare anch’io.
Ma chi sa poi s’io sia guarrito ancora?
con un po’ d’artifizio or vo’ provarlo). (Da sé non veduta)
più non voglio impazzir come ho impazzito).
                      Oh siete qui?
                                                 Son qui da voi,
perché vo’ che fra noi parliamo un poco.

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