Metrica: interrogazione
428 endecasillabi (recitativo) in Il conte Chicchera Milano, Montano, 1759 
                                           Per obbedirla.
                                          Bene obbligata.
                                             (Quanto è garbata!)
Mi rallegro con voi, donna Lucrezia.
                                               Oh, che dite?
con chi vaga non è né spiritosa.
                               (Quanto è invidiosa!)
ch’una all’altra vorria cavar il cuore).
Siete sola così, senza un amante
Io non merto, signor, questi favori.
senza far torto al merito d’alcuna,
                                Bene obbligata.
non vi mettete in apprension per lei.
di volerla servir, vel dico chiaro,
il signor conte Chicchera è il suo caro.
                                          Negar potete
                                               Io non so niente.
che d’ogni cor posso accettare il dono.
(Ah, se non fosse qui donna Lucrezia,
(Solo procurerò tornar da lei).
(Non ci volea venir; già lo prevedo;
                                   (Sì, per dispetto
te li voglio levar, te lo prometto).
                                       È ancor presto.
                                       Partir io voglio.
ch’io bisogno non ho di compagnia.
incontrar non vorrei qualche disgrazia.
Io non son di Lucrezia innamorato.
                                   Quest’è un favore
Anzi al signore Ippolito dabbene.
della grazia di lei può star sicuro?
vuo’ principiare a innamorarmi anch’io.
Niuno può sospettar ch’egli ami voi. (Ironico)
so che d’essere amata io non ho merto.
ma dei cuor più gentili il sagrifizio.
                                        Se l’adorarvi
offerendovi in don gli affetti miei,
                                     Vostra bontà.
                                     Basta; chi sa?
                                Che seccatore!
Digli ch’ora non posso e se ne vada.
La padrona licenzia il signor conte.
E per chi, poverin, lo manda via?
Sol per amore di vossignoria. (Parte)
                                               Tenuto io sono
                                 Voi non avete
quel ch’io faccio, signor, lo fo di core.
(Ah, nel seno aumentar sento l’ardore).
                                        Con licenza. (Ad Ippolito accostandosi a Cavallina)
premura ha di partir). (Piano a madama)
                                            Sì, vengo subito. (A Cavallina)
ed è venuto il mio procuratore.
                                            Chiedo perdono.
Della vostra bontà sicuro io sono.
Mi farete piacere al maggior segno.
Sì, madama, il mio cor vi lascio in pegno.
                                               Mi rallegro.
Già lo sai; te lo dissi e tel ridico.
Di quanti son non me n’importa un fico.
trattarne cento e non amar veruno. (Parte)
Godo veder languire or quello, or questo.
Ma per innamorarmi è ancora presto. (Conte guardandosi nello specchio, accomodandosi la parucca e facendo poscia una pirolette)
je suì vostre très houmble servitour.
                                           Hélas madame,
se vi sdegnate di parlar francese
Il parlar italiano è buono e bello,
l’intendo meglio e vuo’ parlar con quello.
                                                     Per cortesia,
o parlate italiano o andate via.
                            Dite di grazia,
                                      In Lombardia.
io vi consiglio a favellar lombardo.
per quel caro visin che mi vuol bene.
                                             Voi, già lo so.
                                      Ma perché mai?
Perché ancora nessuno io non amai.
                                   L’ho detto, è vero,
ma la donna talor cangia pensiero.
                          Ah monsieur!
                                                      Per carità.
                                    No, in verità.
                           No, monsieur.
                                                       Oimè! Volete
Ve ne volete andar? Quella è la strada.
                  A morir? Eh via restate.
                                    Potrebbe darsi.
Vi prendeste di me spasso e solazzo.
                                   (Oh che bel pazzo!)
Voglio dir quel ch’io voglio e voi soffrite.
trova aperte le porte in ogni loco;
vuo’ sostenermi e insuperbirmi un poco.
sì, da donna Lucrezia io tornerò.
Dove sarà costui? Gran sofferenza
che mi tocca di usar con questo sciocco!
Vieni subito qui dal tuo padrone.
                Ma che fai?
                                        Fo colazione.
Vieni, non mi far perder la pazienza.
                                 Bravo. (Conviene
ch’io mi mostri con lui grato e cortese,
perché principia a favellar francese).
                                Che buon ragù!
Hanno un gusto i francesi esquisitissimo.
può sperarsi d’aver vino eccellente.
avevo accanto un mostaccin da re.
                                             La cameriera
                                        L’ho veduta
quella bella ragazza è robba mia.
si può facilitare. Alla francese
                                       Eccomi qui.
(Fammi il piacer. Va’ via). (Piano a Cavallina)
                                                   (Per qual ragione?) (Piano a Mantecca)
Vattene e cedi il loco al tuo padrone. (A Mantecca)
Favorisca di darmi il mio salario.
                                             (È un brutto scherzo.
Cavallina ha piacer di star con me. (A Mantecca)
Una serva ha da star col servitore.
Ma vi vuole un tantin di discrizione.
                                          Un po’ per uno.
So il mio dovere e non v’è male alcuno.
Perché adesso il suo cor non è per te.
ora il no pronunciando ed ora il sì.
Quando è il tempo de sì ritornerò;
e verrò a ritrovarti per la posta.
la grazia e la beltà che in voi risplende
non è degna d’un uom che non intende.
                                      Sì, la fortuna
vi vuol felicitar. Il più famoso
cavalier generoso, il più gentile
per voi prova nel sen teneri amori.
                                          Nol conoscete?
Rivolgete lo sguardo al volto mio;
del vostro bello adorator son io.
vi burlate di me; d’una vil serva
un signor sì compito e sì galante
                                             Eh, che Cupido
E ovunque la beltà sparge il fulgore
merta rispetto ed in tributo il cuore.
il buon cor di Mantecca ed il suo volto
che l’inutile amor di questo stolto.
con niuna il generoso e per noi donne
una di queste due. O che l’amante
o ci sforzi ad amar per simpatia.
or con questo, or con quello, e passo i giorni
perché dell’avvenir non penso niente.
ogn’anno passa un anno e non vorrei,
restar senza marito e senz’amanti.
che il signor conte Chiccara garbato
è delle mie bellezze innamorato.
e di lui, come va, mi presi gioco.
Ho piacer di saperlo. Quando viene,
mi voglio divertir. Ma tu in avanti
ed uniamoci insieme a disperarlo.
amo più del padrone il servitore.
Che ritorni da me non vedo l’ora.
se ritornato a incomodarvi io sono.
qualche forte ragion vi avrà guidato.
e mi ha fatto la scorta il dio d’amore.
                                  Con quell’istessa
con cui sono testé da voi partito.
                             Sperando esser gradito.
                                        Sì, mi lusingo
in quel bel volto ed in quel core umano.
Qualche volta, signor, si spera invano.
                                               (Dubbioso, incerto,
finché mi pare a me lo vuo’ tenere).
                                         Ah sì ho piacere.
Or vedrete s’io l’amo e s’io l’amai.
qualche grato favor conserva ancora
e non teme sdegnar la sua Lindora?
                                No no, per questo
io sdegnata non sono e molto meno
perché siate di nuovo a lei tornato;
cosa mai si può far? Vi vuol pazienza.
Credetemi, di voi posso far senza.
quando poco vi cal dell’amor mio,
farò lo stesso anch’io. Fatemi grazia
di donarmi per sempre il mio congedo.
Volontieri, signor, ve lo concedo.
Grazie a tanta bontà. Fra quei favori,
questo mi piace più. Per ricompensa
vi prometto di voi scordarmi affatto.
farmi volea l’insulto e me l’ha fatto.
Vendicarmi saprò d’un simil tratto.
di perdita sì lieve. Io di Fabrizio
stata amante non sono; e più di lui
per cui serbo nel sen verace amore.
meco non crederei fosse cangiato.
son qui ad adempir. Voi da madama
di servirvi il piacer. Se nel cuor vostro
di qualche inciviltà colpevol sono,
per rispetto e dover chiedo perdono.
Per rispetto e dover? Non avrà parte
nella scusa l’amor? Come! Tacete?
parlatemi sincero; avete in petto
qualche scintilla di novello affetto?
stimassi un’altra bella ed il mio volto
il mio dover non scordarei per voi.
Amor non vuol rispetto; o amar si deve
per genio, per piacere; o inutilmente
si sagrifica il cor. Non m’ingannate,
celando il vero un mentitor voi siete;
compatirvi saprò, se il ver direte.
vincolate il mio cor. Sì, lo confesso;
da novella passion mi scorgo oppresso.
Sì, traditor, sì, mentitor, andate.
sento qualche rimorso. Ma ella istessa
non esigge rispetto e quando s’ama
deesi amare di cor. Non è mia colpa
rese il mio cuore amante e se è delitto
per novella beltà cangiar desio,
ho diviso con cento il fallo mio.
vuol farmi disperar? Non son chi sono,
Son donna anch’io; so quel che far si aspetta.
                                                 Il mio padrone
                                                       È un cavaliere,
                                   Per onorarla.
solamente in sentirlo. Il mio padrone,
il signor conte Chiccara si chiama.
                                    Venir da lei
ed al merito suo vuol sprofondarsi.
a dir ben del padron; ma per sua gloria
ma fa il grazioso alla sua serva ancora.
                                               Che vuol da voi?
Egli brama anche voi mettere in lista.
                                          Come comanda.
Che ho da dire al padron, se mel domanda?
                                       La riverisco. (In atto di partire, poi torna indietro)
                                           Egli è infallibile
                                    Dica, perdoni,
                                      Che domanda
divertirsi procura il padron mio,
colla fantesca mi diverto anch’io.
tenga seco costui; non credo niente
delle sue scioccherie. S’ei da me viene,
di madama ho la via di vendicarmi.
                                        Serva obbligata.
                                              Mi fate onore.
Je suis vostre truiss hombre servitore.
                                    Poco ne so.
                                 (Poco mi preme).
Toujour françé noi parleremo insieme.
                                         Eh, ce rien rien.
Sarà la mia parrucca immantecata
                                            Oibò, non posso (Tira fuori il conte varie boccette, vasetti)
                                  Veggio.
                                                  Volé vous
è il rimedio miglior contro gli odori.
Delle donne sedar suole i vapori.
                                        Uì madam,
Reguardé man parure. I manichetti
Volé vous du tabacc? Râpé d’Olande, (Mostra varie tabacchiere)
bon râpé de Paris. Voilà Siviglia.
da madama Lindora, io vuo’ trattarlo).
fra le labbra madama. Il vostro core
per madama Lindora arde d’amore.
Madame, si vous plaît, je suis pour vous.
Ah, se degna foss’io di tanto onore...
Vi giuro affetto e vi consacro il core.
                                       (È giunta a tempo.
                                         Non vi è nessuno
No, non c’era nessuno e sono entrata.
per fare il mio dover. Da me veniste,
conoscon le mie pari i dover suoi.
strascinato da lei. Vuole che vuole).
(Sì sì, del conte vendicarmi io vo’).
Cara Lindora mia, chi può s’ingegna.
una donna che vi ama e si dispera?
                                               Sapete pure
senza voi non può star, che giorno e notte
pena e piange per voi, che ogni momento
e voi così l’abbandonate adesso?
                                     È un lieve scherzo;
non sapete soffrir? Sol per provarvi,
finse colei che vi vuol bene, allora.
Ma costante il suo cor vi ama e vi adora.
                                        Su, via, che fate?
All’affetto primier che non tornate?
                                              Da un cavaliere
questa giustizia a un vero amor si deve.
ritornar son forzato al primo amore.
E con me voi mancate al primo impegno?
Ite, che siete un cavaliere indegno. (Parte)
Madam, je suis pour vous. (A madama)
                                                   Per me?
                                                                     Signora,
e in un punto così voi mi piantate?
Madama non vi vuol, vuol bene a me.
                                    Vel spiegherò.
Quella che per voi piange e si dispera
Dormo? Veglio? Son vivo? O pur son morto?
sono balzato in mar. L’onda m’affoga,
e la terra mi scaglia un monte adosso.
Madama dove andò? Più non la veggio.
fermati, non partir; voglio ammazzarti,
Ah, mi sento stillar tutto in sudore.
in donna corteggiata è l’incostanza.
ma se spada feder, per mi scapato.
Ci ha fatto travestire e travestita
è dessa ancora ed il signor Fabrizio.
Io l’ho fatto per te ma la cagione
di questa mascherata ancor non so.
Io, se la vuoi saper, te la dirò.
non so se per l’amore o per la rabbia
Ella vuol divertirsi. Ha concertato
e lo conducan qui, senza ch’ei sappia
abbiam l’abilità quando ci pare
di far l’uomo impazzire e risanare.
Per le donne impazzir non mi vedranno.
s’una non mi vuol ben, ne cerco un’altra.
                                             Non vorrei
terminasse un sì bel divertimento.
(Il cor glielo predice). Io sono avvezza
essere amata senza alcun sospetto.
Ecco il conte bendato a noi sen viene.
Ditelo per pietà. Non si va innanzi?
aimè, non mi lasciate in abbandono.
Mi sciolgono la benda. Oh! Dove sono? (Sciolta la benda, vede le persone incognite e resta meravigliato. Tutti lo salutano con inchini)
                                             Nix, nix francioso.
                                        Non madame.
star tatesche mi dito e non madame.
Ie star la baronessa d’Oherlafo;
                                      Troes obysant.
Nix francioso parlar, parlar talian.
           Que es que ça madame?
                                                         Oh maledetto.
Non lo dirò mai più, ve lo prometto.
                     Domandate a mio fratello.
                                        È ver?
                                                       Jo.
                                                                Jo.
                                          Tar Taifle ja...
Vi domando perdon; nol dirò più.
                                      Tutto, tutissimo.
                                      Star contentissimo.
né pietade né amor. So che ho mancato
or che torno da voi mesto e pentito,
Lo so perché temete. Alfin vedeste
Lo sdegno mio non è contento ancora.
                                       Può darsi mai.
                                       Anima ingrata!
                                         No; son sdegnata.
                                              Il tuo padrone
L’ho deriso mai sempre e non amato.
                                                  Digli che impari
                                      A dir mi manda...
                                     Come comanda. (In atto di partire)
                   Sì signor.
                                       Per parte mia
di’ a madama Lindora ch’io mi pento
d’averla vagheggiata un sol momento.
Che le fui sconoscente e che or l’adoro.
con Ippolito mio sdegnata io sono.
Ma che scuso il suo fallo e gli perdono.
                                   Narra all’indegno
che in dolce amor si convertì lo sdegno.
quel che ha detto di dirvi il mio padrone.
Non mi preme saper quel che dir voglia,
Basta che voi seguite a perdonarmi.
                                   L’affetto mio
                                        La destra in pegno.
                                No, non la merito;
                                  Su che fondaste
Sul vostro cor ch’ogni bel core avvanza.
                                        Io non ci vedo
certa difficoltà. Voi siete libero,
Quando crediamo noi verrà quel dì?
per lei tremo e pavento. In questa guisa
un bel sì vuo’ sentire od un bel no.
ma se invano lo spera è pronto a tutto.
                                    Sarà di là.
                               Ma in che proposito?
Donna Lucrezia ha fatto lo sproposito.
e credo che oramai l’abbia sposato.
                                                 Male, malissimo.
                                       Credo di no.
                     Sicuro.
                                     Eh via.
                                                     No certo.
                                        Prova e vedrai.
                                      Ed io l’accetto.
io ne avea volontà più assai di lei
ma certi amici miei m’hanno insegnato
                                        Sicuro.
di dire a voi ed al padrone ancora
cento insolenze e ve lo dico or ora.
                                     Subitamente. (Parte)
pensi venire e rinfacciarmi ardita.
che sospiran per lei la notte e il dì,
io son sposata e madamina è lì».
vuo’ maritarmi anch’io e per avere
meglio del conte Chiccara non c’è.
                                      Je suis fâché.
                               Bene obbligato. (Come sopra)
Lucrezia a vagheggiar? Una mia pari
                                      Ah ah ah. (Ridendo e passeggiando)
non si vede piegar). Pazienza! Ingrato
o non sa quant’io l’ami o non lo crede.
Voi mi rimproverate ed io non parlo.
                                      Sì sì, ho capito. (Come sopra)
                              Che bell’amore! (Come sopra)
                                         Ah ah ah. (Ridendo e passeggiando)
                                    Non siete degno. (Irata)
Chi non cura l’amor provi lo sdegno.
Via, mostratevi pur sereno in fronte,
che in questo punto mi ho sposata al conte.
Ah donne, donne, io non vi credo più.
                                           E con Ippolito
                                        Ah sì, pazienza;
povero disgraziato! Io resto senza.

Notice: Undefined index: metrica in /home/apostolo/domains/carlogoldoni.it/public_html/library/opera/controllers/Metrica/queryAction.php on line 8

Notice: Trying to access array offset on value of type null in /home/apostolo/domains/carlogoldoni.it/public_html/library/opera/controllers/Metrica/queryAction.php on line 8