Quando più mi pare e piace
col bell’idol del mio cor.
bada bene a quel che fai.
Ha il giochetto e l’osteria,
va la notte in compagnia,
se non vuoi precipitar. (Parte)
sono avvezzo a trafficar.
Per esempio a un tavolino
dico: «Cinque»... Signor no.
Dico: «Sette». Signor no.
«Nove, dieci»; non si può.
e allegria da me si fa. (Parte)
Non apprezzo quest’anello,
perché è ricco, perché è bello;
delle gemme assai più stimo
cert’affetto provo in petto
che spiegarvelo non so. (Parte)
So che siete una linguaccia
Non può star, signora no.
(Ma se mai ciò fosse vero?
Ho una pulce nel pensiero
e scacciarmela non so). (Da sé)
Dite a me, come il sapeste? (A Rosalba)
e giammai vi crederò! (Parte)
Sei padron di questo core,
puoi disporre e comandar.
nulla a te poss’io negar.
Sì, ben mio, contento io sono
e ti voglio sempre amar. (A Corallina)
(Questo anello sarà buono
da impegnare e da giocar).
Sei pur pazza, non lo vedi
ch’ei ti vuole corbellar. (A Corallina)
Presto presto, Corallina,
Presto presto, oh me meschina;
Ah tremare il cor mi fa. (Vanno a nascondersi nella stanza)
Deh, Moschin, non mi lasciar.
Cosa fai fra queste soglie?
Son venuto a prender moglie.
Pretendete qualche cosa? (Esce)
Io, signor, sono la sposa.
Padron mio, chiedo perdono,
Senza vostra permissione,
e gli sposi eccoli qua. (Accenandoli)
(Mia sorella, affé, ne sa).
Deh, signore, un po’ di dote
Cento scudi, eccoli qua. (Caccia una borsa)
Corallina disporrà. (Dà la borsa a Corallina)
Il marito li averà. (La dà a Ridolfo)
(Voglio anch’io la mia metà).
Ma l’anel che vi ho donato
come in dito è poi passato
L’ho prestato e non donato
(Brava, brava, in verità!)
E perché lo porta in dito
non la sposa ma il marito.
Ha Lindora il dito stretto
e l’anello è un po’ larghetto;
(Brava, brava, in verità).
della mia sincerità. (A Fabrizio)
che mi par sentire in petto,
viva, viva il dio d’amore
So che siete una donnetta
che sa dire e che sa far.
quanto mai vogliam scialar!
Che capponi! Che piccioni!
Che buon vin s’ha da trincar!
che vuol far l’innamorato
Tu non sai che bel piacere
sia l’aver lo sposo allato.
Io lo so che l’ho provato
Ah non v’è più bel piacer.
Per esempio, s’io dicessi:
«Corallina, io ti vo’ bene»,
che diresti? Quel risetto
par che dica: «Ne ho piacer».
«Per te, cara, vivo in pene»,
che faresti? Quell’occhietto
mi risponde: «Oh che goder!»
Quell’amor che mi condanna
possa in pace un dì cangiar.
So che il ben e il mal non dura,
so che il fato suol variar.
quel piacer che suol bramar. (Parte ed entra per la porta di un gabinetto)
Siete accorta, siete astuta
ma l’avete a far con me. (A Rosalba)
Il padrone mi vuol bene (A Fabrizio guardando Rosalba)
sì signora, così è. (A Rosalba)
che mi porta tant’affetto, (Come sopra)
senza sposo, senza dote, (A Rosalba)
(Oh che rabbia! Oh che dispetto!
Oh che gusto che mi dà). (Guardando Rosalba, parte)
Senza il nome ed il cognome,
Degli Astuti è il mio casato.
Qual sarà la vostra dote? (A Corallina)
(Che ho da far?) (A Ridolfo)
(I seicento non sperar). (A Lindora)
è una cosa inconcludente.
Il marito non può star. (A Corallina)
Altri mille puon bastar? (A Lindora)
No, tremila almeno, almeno.
Scriva pur tremila scudi. (Al notaro)
Sei contento? (A Ridolfo)
Testa, testa che vuol dire?
Testimoni, testimoni. (Gridando)
Questi è Berto dei Baggiani.
per Rosalba l’istrumento. (Piano a Fabrizio, che non senta il notaro)
(Io mi sento il cor tremar). (Fabrizio si accosta al notaro e Corallina lo seguita)
Mio signore. (Saluta il notaro)
Quis est hic? (A Corallina)
Servo suo, la riverisco. (Torna a salutare il notaro)
non intende; eccolo qua. (Leva la carta scritta dinanzi al notaro)
Via, leggete. (Offerisce la carta a Fabrizio ma la tiene in mano)
Il mio occhialino. (Cerca li occhiali in tasca)
Vi è il notaro da pagar. (A Fabrizio)
Io lo voglio sodisfar. (Gli vuol dar il danaro)
Gratias ago. (Prende il denaro)
per padroni, cani e gatti,
che mi mandino a chiamar. (Parte)
presto presto ha da tornar.
Quanti sposi, quante spose!
Che allegria che s’ha da far!
regna in ciel pietoso nume
che di un barbaro costume
può condurmi a viver lieta
può gl’influssi moderar. (Parte)
Non son io che ho suggerito
e così mi vuoi pagar? (A Corallina)
io di lui non so che far. (A Corallina)
Come mai... potresti... ingrata... (Piangendo)
a... busar... di mia bontà?
Disgraziato, via di qua. (A Ridolfo)
Tanto... ben... che ti ho voluto... (Come sopra)
Questo... è il premio... che n’ho avuto?
Questa è troppa crudeltà. (A Fulgenzio e Rosalba)
Vanne via. (Mi trema il core). (A Corallina)
Vieni qui. (Ti sento, amore). (A Corallina)
Ah... mi sento... il cor... crepar. (Parte)