Metrica: interrogazione
39 decasillabi in La cascina Venezia, Geremia, 1756 
   Com’è candido questo mio latte,
candidetto è il mio core nel petto
e vorrei che tal fosse l’affetto
che tu nutri nel seno per me.
   Com’è dolce quel latte che rechi,
è dolcissimo in seno il mio core;
e vorrei che tal fosse l’amore
che può Cecca sperare da te.
   Lena bella, l’amor che ti porto
è più puro del latte ch’è qui;
e tu, ingrata, mi lasci così,
   Questo latte, ch’è tanto bellino,
io lo voglio qua dentro gettar;
se tu sei come il latte bonino,
ti vorrei con il maglio pistar.
   Bel favor! Carità, se ce n’è.
Senti tu, bell’amor che ha per me! (A Berto)
Lascia dir, lascia far; cangierà.
   Chi mi dona un pocchino di latte,
chi mi vende di voi la ricotta;
pastorella graziosa, grassotta,
voi potete il mio genio appagar. (Alla Cecca)
Chi ne vuole l’ha ben da pagar.
   Chi vuol latte ci porga dell’oro.
Siete voi mio gradito tesoro,
siete voi che m’invita a comprar. (Alla Lena)
Chi ne vuole l’ha ben da pagar.
(Se ci burla vogliamo provar).
   Altolà. (Armati con schioppo contro il conte)
                  Via di qua.
                                         Per pietà. (Si raccomanda)
                                    Per pietà. (Si raccomandano per il conte)
come il vento si tombola giù. (Parte)
   Bella figlia che sei da marito
bada bene che il tempo sen va,
se la sorte ti manda l’invito,
non sprezzare quel ben che ti fa.
bada bene che il tempo sen va.
più la luce del sol non vedrò.

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